Follia Forza Italia: il veg come il fumo, vietato sotto i 16 anni
In alcuni paesi della Bassa Bergamasca è tradizione, per la festa della mamma, pubblicare sul giornale locale i pensierini scritti dai bambini delle elementari. È un’usanza un po’ dolce e un po’ pacchiana, come qualsiasi cosa di provincia. Il lato buffo, però, è che ogni bambino è convinto di avere «la mamma migliore del mondo».
A quell’età la parola dei tuoi genitori è il Verbo; li credi onniscienti e non nutri il minimo dubbio su ciò che ti insegnano. Tuttavia, a volte la totale dipendenza dei figli piccoli dai genitori e la loro incapacità di autodeterminarsi può essere pericolosa.
A questo proposito, ha fatto discutere la proposta di legge presentata dalla deputata Elvira Savino (Forza Italia), la quale prevede almeno due anni di carcere per i genitori che impongono ai figli non ancora 16enni una dieta vegana. Secondo l’onorevole, lo Stato deve intervenire a tutela della salute dei minori, soprattutto dopo i recenti casi di bambini ricoverati per malnutrizione dovuta a un regime alimentare privo di derivati animali. La Savino ha specificato che il suo progetto non vuole esprimere un giudizio verso gli adulti che scelgono con libertà e coscienza di aderire al veganesimo, ma solo proteggere chi si trova in balia della decisione altrui.
Che sia per moda o per etica, il vegan sta prendendo sempre più piede in Italia. Sebbene esso venga ancora trattato come un fenomeno minoritario e un po’ ridicolo, quando si parla di genitori che vi educano i figli l’opinione pubblica si scatena.
Innanzitutto, bisogna considerare che, con le dovute accortezze, anche una dieta priva di derivati animali riesce a nutrire l’organismo; se la si applica a un corpo in formazione, ovviamente, l’attenzione deve essere ancora maggiore ed è necessario il supporto di un pediatra.
Dando per scontato che un genitore responsabile non metterebbe mai il proprio figlio in pericolo di vita, è inimmaginabile che gli si vieti per legge di trasmettergli i valori in cui crede.
Se l’opinione pubblica decide che al bambino si deve dare la possibilità di essere onnivoro finché non avrà la maturità di scegliere cosa mangiare, allora dobbiamo dargli anche la possibilità di praticare tutte le religioni e di sentire in casa discorsi di tutte le fazioni politiche. Se una madre può essere incarcerata perché non offre ai figli alimenti nella cui produzione siano coinvolti animali, allora altrettanto deve accadere alla madre che li porta al fastfood ogni settimana.
Dal momento in cui mette al mondo un essere vivente, l’adulto ne è responsabile: sta a lui decidere secondo quali convinzioni ideologiche e morali crescerlo.
È sacrosanto che lo Stato tuteli i minori, ma non che intervenga nella loro educazione laddove non ve n’è bisogno.
Non tutti i bambini hanno «la mamma migliore del mondo», ma, finché non li mette in pericolo, hanno quella che è capitata loro. Tanto poi si cresce e, se tutto va bene, arriva il senso critico a tappare i buchi.
Dalla Bassa Bergamasca alla tentacolare Udine per studiare Mediazione Culturale. Mi guardo intorno e scrivo.
“Non tutti i bambini hanno «la mamma migliore del mondo», ma, finché non li mette in pericolo, hanno quella che è capitata loro. Tanto poi si cresce e, se tutto va bene, arriva il senso critico a tappare i buchi”.
Questa mi sembra la tipica frase con cui il liberale progressista, come del resto il suo meno progressista fratello, maschera il latente individualismo dietro l’accettazione di una presunta “realtà naturale”.
Insomma, se ti è “capitato” di nascere in una famiglia povera, o in una famiglia poco istruita, o in una famiglia che ti indottrina ai precetti di una religione o di un regime alimentare potenzialmente pericoloso, allora mi spiace fratello, è sfiga, ti do una pacca sulla spalla e, in nome dei diritti individuali, me ne sbatto dei tuoi diritti sociali, e chiamo questo progressismo. Tanto poi “arriva il senso critico a tappare i buchi”, come se il senso critico fosse una dote che tutti a una certa età sviluppano, a meno di non essere stupidi (nel qual caso magari vi leviamo anche il diritto di voto, perché non è politicamente corretto dirlo, ma siamo pure un po’ elitaristi), e non invece una qualità che si sviluppa in primo luogo grazie all’educazione che si riceve.
Per la mia idea di Stato e di società civile come comunità solidale umanista, prima ancora che socialista, la crescita umana e culturale dei bambini non è un compito da delegare unicamente alla famiglia “finché qualcuno non si fa male”, “perché in natura funziona così”, ma è una responsabilità e un interesse collettivo. Sembrerà un’astruseria utopistica, forse, ma non è il principio su cui si basa la nostra scuola pubblica? E allora perché chiudere gli occhi e negare che la famiglia di provenienza conta eccome nella maturazione di un bambino, e che questo è alla base di una profonda disuguaglianza sociale che “capita” soltanto se la si lascia capitare?
Puntualizzo che la mia è un’obiezione soprattutto sul tipo di argomenti portati e sul background ideologico che questi lasciano intendere, e che imporre una dieta vegana non è certo il vizio più grave che possa capitare nell’educazione di un figlio, e che due anni di carcere sono una pena del tutto fuori dal mondo e dal raziocinio. Pur tuttavia, nella dieta vegana manca la vitamina B12, che deve essere assunta tramite integratori, e altri principi nutritivi sono sottorappresentati. È responsabile e salutare imporre una dieta di questo tipo a un bambino o a un ragazzino in pieno sviluppo? Si sono già verificati (pochi) casi di bambini finiti in ospedale per questo motivo.
Non ho per nulla apprezzato, inoltre, il tentativo di affibbiare un’etichetta politica alla proposta: non è venuta da Forza Italia come partito (come si afferma nel titolo) ma da una deputata di Forza Italia, fatto non irrilevante dal momento che si tratta di un tema trasversale e che l’idea che uno si forma dalla lettura del titolo è “Ecco! La nuova proposta di legge retrograda e medioevale di un partito di destra contro i diritti civili della gente!)