Asia, se non ti ferma neanche la fibrosi cistica

Asia mi accoglie nella cucina di casa sua e mi offre un bicchiere d’acqua. Mi racconta che si sta preparando per l’esame di Geografia all’università e che le piacerebbe lavorare in una casa editrice dopo la laurea. Una chiacchierata normale, tra due persone che si sono appena conosciute. Se non fosse che lei continua a tenere premute alcune dita sul collo. Questo perché ha perso l’uso di una corda vocale. Ma andiamo con ordine.

Asia ha 22 anni, è nata a Bologna ma vive a Pesaro, e da sempre convive con la fibrosi cistica, una malattia genetica per ora incurabile che provoca la produzione di un muco denso e viscoso che danneggia i polmoni e gli altri organi interni. Asia ha dovuto sottoporsi a due trapianti bipolmonari ed è una delle poche persone nel mondo a essere sopravvissuta. Se dopo uno di questi è diventata sorda e ha perso l’uso di una corda vocale, la fibrosi cistica le ha anche causato il diabete. Mentre continua a raccontarmi della sua vita mi mostra una sorta di cerotto bianco che ha all’altezza del fianco, «mi misura la glicemia e manda direttamente i dati all’iPhone con il bluetooth, una figata! Non ne potevo più di pungermi le dita controllare il livello degli zuccheri». Questa risposta, oltre a essere una esauriente spiegazione, mostra anche l’atteggiamento di Asia nei confronti della malattia: un ottimismo e una forza incredibili, che hanno lasciato chi scrive senza parole.

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La domanda, per quanto poco delicata, mi viene spontanea e, in nome di un tacito patto di estrema sincerità, decido di fargliela: quanto ti resta da vivere? Asia sorride e mi risponde: «Solitamente un trapiantato sopravvive dai due ai tre anni dopo il trapianto. Immaginati averne due sulle spalle. Nessuno si spiega come io sia ancora qui». Poi però la forza di questa ragazza coraggiosa viene ancora fuori con prepotenza: «Ho deciso però di non badare a questi numeri e di vivere giorno per giorno, di godermi questo grande dono, questo secondo grande dono. Pensare a quanto mi resta da vivere non serve a nulla».

«Fin da piccola, anche grazie alla positività e all’amore di mia madre, non mi sono mai sentita diversa», ci racconta, «anche se, quando mi ricoveravano lontano, non sempre trovavi i compagni pronti a salire in macchina con i genitori per venirti a trovare». Anche l’asilo non era un posto sicuro per chi, come lei, non può esporsi a tanti batteri e virus considerati generalmente come «normali». Un’infanzia legata anche ai farmaci che Asia doveva (e deve ancora) assumere: «Fin da subito ho dovuto prendere le medicine per il pancreas, così da poter assimilare il cibo. Ero troppo piccola per prendere la pillola intera quindi mia madre me la apriva, tirando fuori i granulini che conteneva e mettendomeli in un cucchiaino con del succo e io mandavo giù». La mamma di Asia è sempre presente nei suoi racconti: «Io e lei sempre insieme, in una simbiosi, legate da un cordone ombelicale impossibile da spezzare».

Quando ho contattato Asia per proporle di mettere insieme le nostre forze non avevo le idee chiare sul risultato da raggiungere, e nemmeno ce le avevo quando sono andato a casa sua. Abbiamo deciso insieme di fare qualcosa di diverso: non abbiamo le competenze per spiegare nel dettaglio che cosa sia la fibrosi cistica e abbiamo pensato che per conoscere fino in fondo questa malattia basta una ricerca su Google. Per questo motivo le foto, il video (che trovate qui sotto) e l’articolo che state leggendo vorrebbero porre l’attenzione sulle conseguenze che la fibrosi cistica ha avuto sul corpo e sull’anima di Asia, che ha deciso di posare nuda per mostrare senza censure le cicatrici dei trapianti e degli altri interventi medici a cui ha dovuto sottoporsi. Per conoscere una realtà non la si può addolcire.

Asia ama cantare, ma non può più farlo, da quando anche parlare è diventato difficile. Nonostante questo, la vita va avanti e alla grande: l’università, gli amici, le soddisfazioni che si prende e tutto il resto, «una vita normale», ci tiene a precisare. Un altro suo grande amore è la lettura: «Perdere l’udito mi ha permesso di leggere centinaia di pagine al giorno: la parte esterna dell’impianto cocleare e non ho nessuna distrazione». Neanche questo ha potuto farle perdere il suo proverbiale ottimismo.

Posare nuda è una decisione forte, soprattutto perché esporsi in questo modo in rete significa mettersi anche alla mercé dei cretini da tastiera. Se Asia ha deciso di farlo è per mostrarci senza filtro i segni che la fibrosi cistica (e le sue conseguenze) ha lasciato sul suo corpo. La speranza di Asia e di chi scrive è di sensibilizzare sull’utilità della donazione degli organi (vedi Aido, Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule) e, ovviamente, sull’esistenza della fibrosi cistica, malattia che per gran parte delle persone semplicemente non esiste, (vedi Lega Italiana Fibrosi Cistica). Da una parte credo che donare gli organi sia prima di tutto un grande atto di civiltà, dall’altra sapere che la fibrosi cistica esiste ed essere consapevoli di che cosa questa malattia comporti significa anche dare comprensione e quindi dignità a chi deve combatterci ogni giorno.

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Trattare come diversi o, peggio, compatire i malati di fibrosi cistica non aiuta né noi né loro. La parola chiave dev’essere comprendere, capire come vivono, a che cosa devono sottoporsi e a quali stringenti regole devono sottostare per preservare una salute fragile. Quando l’ho incontrata, Asia mi ha involontariamente insegnato una cosa fondamentale che vorrei condividere con voi: dobbiamo dare più importanza al presente, a ciò che abbiamo, mentre siamo troppo spesso proiettati in avanti, verso quello che desideriamo avere. Questo non significa accontentarsi, ma riuscire ad assaporare ogni respiro e ogni attimo della nostra vita perché, al pari di Asia, non sappiamo quanto durerà ancora, e questo dev’essere fonte di energia.