Gilet gialli: il 77% dei francesi li appoggia

Sentiamo parlare da giorni dei gilet gialli, movimento spontaneo nato in Francia contro l’aumento delle accise sulla benzina che ha bloccato parte delle strade di Parigi, nonché costretto le autorità ad evacuare gli Champs-Élysées nel pomeriggio dello scorso sabato, 24 Novembre. Queste proteste si aggiungono a quelle che si sono protratte per tutta l’ultima settimana, con data di inizio sabato 17 novembre: le manifestazioni che hanno coinvolto 280mila persone, svoltesi in diverse città francesi e in buona parte non autorizzate, hanno risalito rapidamente le home page dei giornali sia locali sia esteri già dalla prima mattina, quando una manifestante è deceduta travolta da un’auto che non aveva nessuna intenzione di fermarsi al posto di blocco improvvisato. Il bilancio finora è quindi di due morti, 530 feriti e circa 300 arrestati, mentre tra le accuse compare anche quella di terrorismo.

Tutto è nato dal calo di potere d’acquisto delle famiglie con reddito medio-basso. Nel corso del 2018 i prezzi di benzina e gasolio avevano già subito un rialzo fino al 23% e ora il governo vuole aggiungere nuove accise per finanziare la rivoluzione green, con incentivi agli acquisti di auto elettriche e ibride. Naturalmente, avendo meno disponibilità economica, le famiglie più povere non si possono permettere di acquistare un’auto nuova, seppur con un aiuto da parte del Governo: per questo la riforma è vista dal popolo come un favore alle classi più agiate della popolazione. Questa misura è però solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso; infatti, i manifestanti non imputano a Macron solo questo provvedimento impopolare, ma anche l’eliminazione, in parte, della patrimoniale, la tassa che va a colpire i grandi capitali, con l’intenzione di far rientrare quelli che erano spostati all’estero.

Il movimento delle persone che si identificano nella pettorina gialla, nato sulla rete con queste basi, è molto trasversale, non ha referenti né capi, non si appoggia a partiti né tantomeno a sindacati: ascoltando diverse interviste si nota un disagio comune delle parti più povere della società, che vanno dai pensionati alle casalinghe passando per disoccupati, dipendenti e piccoli commercianti schiacciati dalle tasse. La modifica della patrimoniale è la critica più comune, ma non mancano proposte più utopiche come, ad esempio, far pagare la benzina in base al reddito. Non essendo un soggetto ben identificato, nelle prime fasi hanno partecipato alle manifestazioni sia Mélenchon, leader della sinistra anticapitalista e antieuropeista, sia Marine Le Pen, leader dell’estrema destra, altrettanto euroscettica che sta crescendo sfruttando il fenomeno dell’immigrazione; queste forze trovano unità d’intenti nel contrastare la politica liberista di Macron, che parte dal jobs act e comprende altre misure che non aiutano a ridurre la povertà assoluta.

Ora è in programma un’altra manifestazione sabato 1 dicembre: in questi casi, non essendoci un’organizzazione «dall’alto» è probabile che si infiltrino gruppi di black block e no global, pronti a creare disordini senza uno scopo. C’è da sperare quindi che non avvengano episodi troppo gravi, nell’attesa di capire se la mobilitazione assumerà connotazione più istituzionale o continuerà a restare apolitica. Quello che è certo è che, con Macron al momento in picchiata negli indici di gradimento e nei sondaggi, le piazze francesi diventeranno sempre più calde: secondo un sondaggio di Le Figaro del 23 novembre, infatti, le proteste sono condivise dal 77% dei cittadini.