Il sistema specchio ci dà il senso della realtà intorno a noi

Come disse Aristotele, l’uomo è un «animale sociale»: ha bisogno di essere a contatto con il prossimo e di interagire con i propri simili. L’essere umano comprende istintivamente le azioni altrui, in un modo profondo e spontaneo, senza dover ricorrere a ragionamenti logici. Lo sa e basta. Una comprensione così immediata è garantita dal sistema specchio, che è stato scoperto negli anni Novanta da Rizzolatti («So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio.» 2005, Milano: Cortina) in uno studio sui primati. I neuroni specchio sono poi stati identificati anche nel cervello umano, in particolare nei lobi frontale e parietale, dove è situata la corteccia premotoria e somatosensoriale (cioè della sensibilità).

I neuroni specchio si differenziano dai neuroni canonici perché scaricano, cioè si attivano, sia quando un individuo compie un’azione sia quando osserva qualcun altro compierla. È quindi dimostrato che durante l’osservazione del prossimo il cervello crea una simulazione interna di ciò che sta vedendo, detta «as-if body loop». Come se il soggetto stesso dovesse compiere l’azione, il cervello attiva tutti i circuiti necessari per mandare il comando motorio, ma l’azione resta astratta e non viene compiuta. In tal modo il cervello è in grado di decodificare ciò che sta vedendo e di rifletterlo su di sé, proprio come uno specchio.

In particolare, il sistema specchio risponde alla vista di azioni con uno scopo preciso: per esempio, se qualcuno prende una penna e la tiene soltanto in mano non si attiva, mentre se il soggetto osservato inizia a scrivere si avrà una scarica. Di conseguenza, è facilmente intuibile che i neuroni specchio sono cruciali per comprendere soprattutto il perché dell’azione osservata, cioè il senso dei movimenti altrui. Il meccanismo è di gran lunga più evoluto nell’uomo, in quanto codifica numerosi atti motori ed è perfino in grado di riconoscere le azioni mimate e non veramente compiute: per la scimmia, al contrario, le azioni mimate non sono decodificabili e quindi non hanno un senso.

Nell’uomo il sistema specchio è inoltre fondamentale per comprendere le emozioni altrui ed empatizzare con il prossimo. Il centro principale di questa funzione è l’insula, una porzione della corteccia cerebrale situata in profondità tra il lobo temporale e frontale, che ha un ruolo nell’ambito dell’emotività. Uno studio di Wicker e colleghi («Both of us disgusted in my insula: the common neural basis of seeing and feeling disgust», 2003) ha dimostrato che l’insula si attiva sia quando il soggetto prova disgusto sia quando osserva un’espressione di disgusto nel prossimo e lo stesso meccanismo funziona anche per il dolore. Il sistema funziona anche per altre emozioni: gli stimoli visivi contenenti espressioni sorridenti producono nell’osservatore un leggero aumento di attività nella regione degli zigomi rilevabile con l’elettromiografia, mentre visi tristi o arrabbiati influenzano soprattutto la fronte, che tende a corrugarsi. Le scoperte degli ultimi anni dimostrano quindi che l’uomo intuisce precognitivamente le emozioni altrui (che siano esse esplicite o implicite) e non può evitare di farlo. Ogni persona ha dunque una base biologica universale che permette di comprendere l’emotività del prossimo.