Il catcalling diventi una fattispecie di reato autonoma

Il catcalling, fenomeno fortemente radicato nella cultura italiana e non solo, forma parte del cosiddetto «street harassment», ovvero quel tipo di molestia che ha luogo per strada o in aree pubbliche. Esso è una forma di molestia da sempre esistita nella nostra società e alimentata dalla progressiva oggettificazione sessuale della donna. Si è cominciato, però, a parlarne solo negli ultimi anni, quando il fenomeno è stato identificato con il nome inglese sopra citato e diventato ora di uso comune.

Il catcalling implica tutti quegli apprezzamenti verbali a sfondo sessuale non richiesti e fatti a sproposito da sconosciuti e non, che possono mettere più o meno a disagio la vittima a seconda delle circostanze.
Questa particolare forma di molestia verbale, a volte, è erroneamente interpretata con accezione di apprezzamento, dal momento che alcuni individui non realizzano le implicazioni che ne concernono: il catcalling è una molestia in tutte le sue declinazioni e la sua finalità non è quella di rivolgere un complimento disinteressato al destinatario, ma è, invece, una forma di presa di potere esercitata dal molestatore sulla vittima per trarne appagamento personale.

In Italia il catcalling non è reato, a differenza di paesi come la Francia, dove nel luglio 2018 il governo Macron ha approvato un disegno di legge che penalizza tale abuso assimilandolo al già esistente reato di molestie verbali. 

Non sempre è facile perseguire penalmente i colpevoli di tali abusi, poiché spesso si tratta di episodi isolati in cui la vittima non riesce a provare a livello giuridico la colpevolezza di uno specifico imputato. Rendere il catcalling un vero e proprio reato sarebbe fondamentale, invece, per porre i molestatori di fronte alle loro responsabilità e fungerebbe da deterrente di tali abusi.

Allo stesso tempo, esso attuerebbe un progressivo processo di sensibilizzazione della comunità. Nonostante l’abuso sia di tipo verbale e non fisico, esso non è da minimizzare: questi episodi, infatti, non sono fini a sé stessi, ma trascinano dietro di sé conseguenze inevitabili dal punto di vista individuale (psicologico), sociale (la sempre più profonda e radicata ipersessualizzazione della donna e del corpo) e più profondamente culturale (alle radici della nostra storia).

Rendere questa fenomeno un reato anche e soprattutto in Italia attuerebbe, dunque, un processo di emancipazione sociale dal pensiero che un complimento non richiesto fine a sé stesso non sia «nulla di grave».

A tal proposito, il 23 aprile 2020 è nato in Italia il progetto @wannabesafe.italia fondato dalla giovane  veronese Linda Guerrini e supportato da una consigliera comunale di Verona.

Un giorno, durante il lockdown, Linda racconta di essere uscita per fare la spesa e di aver subito otto casi di catcalling durante il tragitto, tra passanti, automobilisti e clienti del supermercato.
Qualcuno si starà chiedendo «Com’era vestita Linda?», non ha importanza, perché l’abbigliamento non giustifica in alcun modo alcun tipo di abuso verbale né fisico.

Linda rientrata a casa realizza dunque che la situazione ha oltrepassato ogni limite. La giovane allora decide di lanciare la petizione online su change.org la quale ha raccolto al momento più di 13.000 firme, l’obiettivo è di arrivare a 50.000 al fine di stendere un disegno di legge da presentare in Parlamento e dunque di rendere il catcalling in Italia ufficialmente un reato. Questo progetto potrebbe vedere, inoltre, la nascita di un’app per la segnalazione di casi di catcalling con il fine di mappare e controllare le aree più a rischio.
Sebbene questo si presuppone essere un percorso laborioso per la burocrazia italiana, sempre più persone si stanno attivando per partecipare alla petizione e la sensibilizzazione sociale è già un primo passo verso un cambiamento.