Il linguaggio tra esplicito e implicito

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Attraverso la metafora visiva dell’iceberg possiamo contestualizzare le classificazioni esistenti all’interno del mondo della comunicazione. La prima distinzione immediata è quella tra il DETTO e il NON DETTO. Il DETTO è la parte dell’iceberg visibile sopra la linea di galleggiamento e rappresenta la parte verbale esplicita della comunicazione, ovvero quello che un parlante esprime verbalmente con le sue parole, che può essere decodificato dall’interlocutore in caso di condivisione di un codice, ovvero di una lingua. È una parte minoritaria della comunicazione, circa il 10% del totale.

Il restante 90% è rappresentato dal NON DETTO, ovvero tutti quei contenuti che non sono espressi letteralmente, ma sono implicati, sottesi e devono essere compresi dall’interlocutore tramite un processo più complesso rispetto alla mera decodifica di un messaggio letterale. All’interlocutore, in questi casi, serve un cosiddetto processo d’inferenza, che lo porti a comprendere il significato del parlante, rappresentato da ciò che il parlante intende dire attraverso il suo messaggio letterale.

Possiamo classificare il grande mare del NON DETTO in tre differenti tipologie: le esplicature, le implicature e le presupposizioni. Partiremo dalle prime, per poi scendere sempre più nell’implicito.

Le esplicature rappresentano un ponte tra il mondo del DETTO e del NON DETTO. In questa tipologia di messaggio una parte del significato del parlante si può comprendere direttamente decodificando il messaggio letterale del parlante, mentre un’altra parte dev’essere interpretata, perché lasciata nell’implicito. È il caso delle metafore, dell’omonimia e della polisemia, per esempio.

Se si dicesse esclusivamente la parola piumino, l’interlocutore non riuscirebbe a comprendere totalmente il messaggio, perché con esso si potrebbe intendere sia un giubbotto che una coperta. Per comprendere questo caso di polisemia l’interlocutore ha bisogno di più contesto, che gli permetta di arrivare al significato del parlante.

Scendendo nell’abisso del NON DETTO, troviamo le implicature, totalmente non espresse, a differenza delle esplicature e, di conseguenza, decifrabili dall’interlocutore esclusivamente tramite un processo di inferenza. Distinguiamo le implicature convenzionali e quelle conversazionali. Le prime rappresentano stereotipi della società, come nell’esempio: «Era povera ma onesta» il MA rappresenta un’implicatura perché fa scattare un’idea di contrasto tra l’essere poveri e l’essere onesti.

Un’implicatura conversazionale, invece, avviene all’interno di una conversazione e può essere distinta in base alle proprietà del contesto utilizzate in generalizzate e particolarizzate. Ci concentreremo sul primo caso con un semplice esempio «Maria ha avuto una bambina e si è sposata». Se da un’analisi logico/letterale scoviamo esclusivamente due enunciati congiunti dal connettivo «e», a un’analisi differente notiamo l’esistenza di un’implicatura intesa dal parlante.

La prima è l’idea di temporalità, ovvero prima ha avuto un bambino e poi si è sposata, che diamo ormai per appresa nell’implicito seguendo l’ordine degli enunciati espressi.
La seconda è l’idea di causalità, ovvero che siccome ha avuto un bambino, Maria si è sposata. Queste due letture non sono mai state espresse letteralmente, ma possono essere inferite dall’interlocutore.

L’ultima tipologia sono le presupposizioni, pericolose perché impossibili da disattivare per il parlante, a differenza delle implicature, famosissime tecniche di comunicazione politica, che possono invece funzionare con il famoso «non l’ho mai detto» di berlusconiana (e non solo) memoria.

Le presupposizioni possono essere distinte in informative, pragmatiche e semantiche: le prime aggiungono ulteriori informazioni al contesto, in modo da poter far cambiare direzione alla situazione; le seconde fanno riferimento al contesto e le terze al significato.

Facciamo un’esempio di presupposizione pragmatica «Ci potrebbe portare tre birre?». Abbiamo detto che le pragmatiche fanno riferimento a un contesto e all’interno di esso nel corpo sociale vivono delle convenzioni tacite che sono state apprese e che quindi non necessitano di spiegazioni. Se questa domanda la ponessimo in un bar, questa presupposizione pragmatica sarebbe ottima, perché tutti sappiamo che all’interno del bar si possono ordinare, consumare e pagare tre birre. Ma se la stessa domanda la ponessimo all’interno di una biblioteca, le convenzioni tacite del corpo sociale la respingerebbero, perché tutti sappiamo che in una biblioteca si prendono dei libri, non delle birre. In questo caso il contesto sarebbe definito come difettivo, ovvero non consono.