In Valle Stura, dei rifugi hanno avuto un’idea contro l’inquinamento (intervista)

Secondo una ricerca del WWF, l’Europa sarebbe il secondo produttore al mondo di plastica e riverserebbe in mare ogni anno una mole di rifiuti che va dalle 150 alle 500 mila tonnellate di macroplastiche nel solo Mar Mediterraneo.
Il Mare Nostrum stesso, infatti, è considerato come sesta zona di accumulo di rifiuti a livello mondiale, per estensione e numero dei materiali che vi si trovano.
Gli italiani, dice WWF, sono invece i secondi consumatori ed usufruitori di materie plastiche del continente dopo i tedeschi, e si calcola che ogni anno, utilizzino imballaggi plastici per un totale di 2,1 milioni di tonnellate di plastica.
Cifre spropositate per un materiale scarsamente riciclabile ed assolutamente non biodegradabile.

Dalle Alpi della Valle Stura di Demonte (CN), però, sembrerebbe nascere un’idea tanto geniale quanto rivoluzionaria volta alla sensibilizzazione delle persone sul tema inquinamento e soprattutto mirante a combattere l’uso spropositato di materie plastiche in montagna.
Per questo motivo siamo stati al Rifugio Paraloup, nel comune di Rittana (CN) per fare quattro chiacchiere con Luca Galfrè, co-gestore del rifugio e soprattutto, co-fondatore dell’idea assieme a Katia Tomatis, gestrice del rifugio Malinvern di Vinadio.

Luca, ci racconteresti qualcosa della vostra idea?

Tutto nacque da un pensiero avuto una sera poco prima di andare a letto.
Avevo appena finito di lavorare qui in rifugio, e vedendo la mole di rifiuti che avevamo prodotto durante la giornata, mi sono chiesto se fosse possibile eliminare le bottiglie di plastica (altamente inquinanti) dalla montagna, e soprattutto, se si potesse in qualche modo arrivare a sostituire i materiali usa e getta.
L’idea alla quale arrivai, era quella di trovare una azienda sponsor che producesse contenitori in alluminio, al fine di poter dare ai clienti una borraccia riutilizzabile da riempire ad una qualunque fontana o nei locali aderenti all’iniziativa.
Questo per poter ridurre l’alto numero di rifiuti non biodegradabili che spesso si incontrano in montagna ma non solo, perché, se ben ci pensate, questi materiali inquinano 3 volte.
La prima volta inquinano perché vanno trasportati fino al posto nel quale saranno venduti, la seconda perché sono oggetti non biodegradabili, e la terza perché nella migliore delle ipotesi, una volta differenziati, vanno comunque ri-trasportati a valle.
Ecco perché, abbiamo deciso che avremo installato degli erogatori di acqua naturale e frizzante nelle nostre attività, acqua meravigliosamente buona perché presa direttamente da quelle stesse fonti montane che si idolatrano in tv e perfettamente ecosostenibile.

Un pensiero rivoluzionario, ma come l’avete sviluppato fino a portarlo a essere una realtà?

Qui in Valle Stura esiste da poco tempo un consorzio di attività ricettive che lega circa 40 realtà diverse tra loro in un unico ente che cerca di seguire un percorso deciso a maggioranza, il Valle Stura Experience.
Il consorzio è stato a tutti gli effetti una sorta di rampa di lancio per poter sviluppare e successivamente realizzare l’idea, questo perché con la nascita di una vera e propria comunità, si è riusciti a mettere da parte le vecchie ruggini al fine di costruire un senso di aggregazione e di responsabilità comune che prima mancavano.
La proposta fatta ai consorziati è quella di aderire al progetto mediante l’utilizzo di borracce o di vetro a rendere, e successivamente di acquistare un erogatore di acqua naturale e frizzante, da installare sulla rete idrica dell’attività.
Si è contattata poi una rosa di aziende presentando loro un progetto che era in fase iniziale ed utopica e, tra tutte, Ferrino (storica azienda Torinese produttrice di materiali outdoor) si è resa disponibile a ragionare sulla proposta.
Dopo intense giornate di progettazioni e dialogo, la Ferrino, viste le potenzialità dell’idea, ha deciso di venirci incontro in maniera importante dal punto di vista economico per l’acquisto di un numero elevatissimo di borracce, diventando a tutti gli effetti il nostro main sponsor.
La grafica è stata studiata con loro per poter ottenere un prodotto esteticamente bello, oltre che funzionale e presenta i marchi di Valle Stura Experience e della stessa Ferrino.
Chiaramente, dal punto di vista legislativo, noi non possiamo vendere acqua, perché affinché possa essere venduta, questa va imbottigliata seguendo una rigida serie di operazioni ed è per questo che ci limiteremo alla vendita del gadget borraccia ad un prezzo super concorrenziale e sarà poi l’avventore della montagna, che certamente è conscio di quanto buona sia l’acqua delle nostre vette, a richiedere che la stessa sia riempita in loco.

L’idea è sensazionale.
Chi ha deciso, oltre a voi, di lanciarsi in questa avventura?

Il tutto nasce come idea di valle, per poter contribuire a cambiare la mentalità delle persone e le loro abitudini.
A partecipare sono perciò diverse attività della Valle Stura, che principalmente sono rifugi (Malinnvern, Paraloup, Olmo Bianco, Dahu) data la difficoltà del trasporto dei materiali contro l’estrema praticità dell’erogatore.
Sono presenti però anche altre attività recettive tra le quali bar e ristoranti che sono situati in zone molto più accessibili e facilmente raggiungibili e questo ci rende molto orgogliosi, perché significa che l’idea avuta è realmente buona.
La cosa più interessante, in ogni caso, è il fatto che nella fase organizzativo-logistica del progetto, altre valli del cuneese si siano interessate al progetto, compreso il Parco delle Alpi Marittime.
La speranza, perciò, è davvero quella di raggiungere in pochi anni una completa regressione dell’uso della plastica, al fine di poterla eliminare dalle valli montane, e sostituirla con un metodo molto più ecosostenibile.

Luca, una domanda «scomoda»: tu sai che in Valle Stura è presente la più grande fabbrica italiana di imbottigliamento acque, nonché una delle più grandi al mondo e si calcola che producano da soli circa 3 miliardi di bottiglie l’anno. È vero che il 20% della loro produzione è stoccato in bottiglie biodegradabili, ma la stragrande maggioranza dei loro prodotti è imbottigliata in plastica e viaggia su gomma per un totale di circa 500 tir che ogni giorno percorrono le strade della Valle Stura.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi: come mai Ferrino e non Fonti di Vinadio S.P.A.?

Ti dirò che come scrupolo abbiamo assolutamente pensato di coinvolgere la Sant’anna e questo proprio per i motivi che citavi tu.
Li abbiamo contattati ed abbiamo proposto loro la nostra idea, sperando di ottenere un riscontro positivo, viste anche le polemiche di questi anni sul traffico pesante.
Abbiamo però, con delusione, dovuto constatare il fatto che a loro il progetto non interessasse per nulla e questo perché non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta.
Di conseguenza, l’idea è proseguita su altri (più proficui) versi, perché ridurre la plastica deve essere visto come una missione e l’idea andava realizzata ad ogni costo.

Quindi, una volta esauriti la fase utopistica e quella progettuale, quando partirà l’iniziativa?

Entro il 15 giugno il progetto partirà a pieno regime e nella prima settimana del mese verrà indetta una conferenza stampa con ATL (azienda turistica locale) e Conitours.
Il massimo orgoglio arriva comunque non tanto dall’avere avuto una idea innovativa, ma dalla consapevolezza di aver stuzzicato l’interesse di diverse altre realtà ed attività al di fuori dalla Valle Stura ancor prima che l’idea avesse effettivamente attuazione.
Questo non è più il tempo di parlare, ma quello di iniziare veramente con i fatti a cambiare il mondo, partendo dal piccolo contributo che ognuno di noi può dare.
A questo, io e Katia Tomatis abbiamo sempre creduto fin dal primo minuto.

Se doveste perciò pensare davvero in grande, ora che avete realizzato un progetto così avveniristico, quale sarebbe il vostro prossimo sogno da realizzare?

La vera speranza è che la Valle Stura possa essere capofila di un progetto molto più esteso che faccia dell’abbandono della plastica una missione di vita.
Sogniamo che tutto questo vada a legarsi ad un discorso di turismo sostenibile e slow, ma soprattutto, speriamo con tutte le nostre forze che si possa giungere ad un cambiamento della mentalità e degli atteggiamenti nei confronti dei territori dove siamo cresciuti.
A quasi tutti noi piace vivere qui, e vorremo fare in modo di poter coltivare i nostri sogni ed i nostri progetti in questi territori fantastici che tanto hanno da offrire.
La loro salvaguardia deve necessariamente passare per queste piccole cose però, e questo va fatto non tanto per noi quanto per i nostri figli e le generazioni a venire, affinchè anche loro possano godere di tutta questa bellezza, e perché no, magari anche in un mondo migliore rispetto a quello in cui ci troviamo noi.
Noi giovani dobbiamo creare una idea forte di ciò che vogliamo ottenere e realizzare nel futuro per noi, e per un territorio che risente di problematiche enormi che ne deturpano l’immensa bellezza.