Love=Love: intervista a un’intersessuale

In questo articolo intervisteremo Tiresia Valentina Coletta, un’ intersessuale che si identifica come una donna senza scordare la sua mascolinità. L’intervista è sulla base sia di domande poste da voi lettori, sia di mie personali curiosità. Ricordo ancora di contattarmi alla mia email (eva.selene.menade@gmail.com) per porre domande o per essere intervistati.

Qual’è la differenza tra ermafroditismo ed intersessualità? Quali altri tipi di intersessuali ci sono?
Intersessualità è un termine che racchiude condizioni diverse tra loro per origine e significa che non è possibile attribuire ad una persona uno dei due sessi maschio/femmina a livello genetico, ormonale e anatomico. L’ermafroditismo è solo una delle tante condizioni intersessuali. Insieme ad essa esistono decine di altre condizioni come la Sindrome di Klinefelter, la Sindrome di Turner, la Sindrome di Insensibilità agli Androgeni, l’Iperpalsia Congenita del Surrene e così via.

genere-sessualità

Come ci si identifica essendo biologicamente sia donna che uomo?
Questa è una domanda che andrebbe rivolta ad ogni persona intersessuale. Non esiste una risposta universale. Ovviamente l’intersessualità influisce sullo sviluppo dell’identità di genere ma i risultati finali non sono così scontati. Io non parlerei di traumi ma sicuramente una certa sofferenza la porta ma dipende sempre dell’ambiente che circonda una persona.

Quali sono i pregiudizi che la gente ha verso di te in quanto intersessuale?
Io ho scoperto di essere intersessuale a 29 anni. Durante l’infanzia era tabù o meglio ai miei genitori non fu mai spiegato che lo fossi da parte dei medici i quali mi hanno somministrato degli ormoni per mascolinizzarmi anche se lo sviluppo della mia identità di genere ha seguito una strada tortuosa con una forte componente femminile che integra anche una parte maschile. Quindi i problemi principali sono le operazioni chirurgiche e le cure mediche imposte fin dalla tenera età per far ritornare il neonato nel binarismo di genere.

Sei pro o contro la «riparazione» (ormonale e chirurgica)?
È una scelta personale. A me imposero di essere un maschio. Oggi mi sono autodeterminata e ho scelto di essere una donna transessuale.

Sei riuscita ad accettarti?
Io non parlerei di accettarsi ma di un percorso investigativo sulla mia identità. La militanza nel movimento queer in questo percorso mi ha aiutata tantissimo.

Ammetti una tua parte maschile o fa solo parte di una tua «vita precedente»?
Io non preferisco ma pretendo di essere chiamata col nome e con il genere che ho scelto, poiché farsi chiamare con il genere di elezione è una forma di rispetto e di riconoscimento della propria identità e del proprio percorso. Il maschile è ben presente in me. Tiresia Valentina non è solo femminile ma anche maschile per certi aspetti. Non si può conoscere Tiresia Valentina senza sapere chi è stato Valentino. Non mi vergogno di aver vissuto da uomo per la maggior parte della mia vita. Fa parte di me. Disconoscerla significa solo odiare se stesse. Invece l’armonia sta proprio nel vedere una continuità nella propria vita. Non esiste un prima e dopo ma solo un continuum nel mio percorso di autodeterminazione.

Cosa ti ha insegnato e cosa tuttora ti insegna la «diversità»? Vorresti essere come tutti o ti ami per quello che sei?
Per me la diversità ha voluto dire sofferenza, rabbia e lotta per i diritti. Questo mi ha portata ad essere molto introspettiva aumentando la mia sensibilità ed empatia verso gli altri e le altre.
La vita mi ha reso quello che sono. Scegliere l’omologazione o la differenza è solo un esercizio onanistico. Preferisco accogliere quella che sono. Certo che essere più simile alla maggioranza sarebbe stato più facile ma certamente non sarei stata quella che sono oggi ma un’altra persona.

Siria Comite