Intervista a Fusaro, candidato sindaco: «Gioia Tauro sarà come Siracusa per Platone»

Diego Fusaro è un filosofo che si fa o amare o detestare per il suo appassionato ricorrere a parole desuete non più appartenenti al linguaggio comune per muovere critiche mai moderate al sistema. Ha preso la decisione di candidarsi alla guida del comune di Gioia Tauro, nei pressi di Reggio Calabria, territorio martoriato dalla criminalità organizzata.

 

Com’è nata l’idea di lanciarsi in una competizione elettorale? Perché proprio Gioia Tauro, che cosa la lega a questa cittadina?

L’idea è nata da un gruppo di amici capitanato da Francesco Toscano, scrittore e intellettuale libero che stimo molto, il quale ha proposto di fare un gruppo culturale di rilancio del mezzogiorno a partire da Gioia Tauro, la città più difficile, dove egli risiede. Quindi, questo è il motivo che mi ha spinto a ripartire da lì, dalla città più complicata, per rilanciare, dal Mezzogiorno, l’Italia tutta, con un’idea di Risorgimento. Siamo un po’ platonici in questo, abbiamo un’idea di città ideale e vogliamo provare a renderla concreta iniziando da Gioia Tauro, che sarà un po’ per noi come come per Platone era Siracusa.

Che apporto può fornire un filosofo alla guida di un comune?

Intanto può, nel caso specifico, fornire una idealità maggiore rispetto al puro calcolare che caratterizza ormai la politica. Il pensiero calcolante, che in realtà non è un pensiero, domina e bisogna ricominciare dal pensiero pensante, come insegna Heidegger. Quindi, questo è già il primo contributo: andare oltre il calcolo e rimettere al centro il pensiero progettuale di marca filosofica, l’idealità platonica, la repubblica platonica. Iniziamo da una realtà piccola come quella di Gioia Tauro, che però è pur sempre la Magna Grecia, dunque ripartiamo dalle nostre radici, in qualche modo.

Perché ha messo su una lista civica, invece di istituirne una di CasaPound, fazione che lei apertamente appoggia?

Veramente io non appoggio affatto CasaPound, io non appoggio nessun gruppo politico di quelli esistenti. Sono libero e indipendente, senza tessere. Dialogo coi gruppi che vogliono dialogare con me, siano essi CasaPound, Lega, Movimento 5 Stelle, i Comunisti di Marco Rizzo. Non sono per nulla uno che sostiene apertamente CasaPound. Ripeto, sono libero e indipendente, tengo a rivendicare quest’aspetto. Questo è il motivo per cui ho creato un gruppo culturale che fa anche in parte capo alla mia associazione, che si chiama L’interesse nazionale. L’indipendenza è la cosa più importante in questi ambiti.

Lei si manifesta aspramente critico nei confronti dell’UE. Perché, dunque, non ha preferito spendersi per tentare di conquistare un seggio al Parlamento Europeo e, come si suol dire, cambiare le cose dall’interno, facendo emergere verità sommerse, ponendo i suoi ipotetici colleghi eurodeputati di altro schieramento di fronte ai loro errori, alle loro contraddizioni?

Io mi occupo di altro nella vita, faccio filosofia. Non sono un tecnico o un politicante. Anzi, quelli che si presupponeva fossero pensatori indipendenti che ora si candideranno riveleranno in qualche modo di essere organici al sistema. Io mi impegno in altro, sono uno studioso, quindi questa è un’altra cosa. Occorre saper scegliere nella vita cosa fare. Chi ha una passione vera per la filosofia fa quello, non entra al Parlamento Europeo per diventare uno dei tanti. Conosco molti che hanno fatto il loro ingresso in politica e hanno smarrito la loro specificità culturale.

L’attuale esecutivo, che pare lei non disprezzi, si definisce fin dai suoi albori «governo del cambiamento». Intravede questa rivoluzione?

Non vedo nessun cambiamento per ora. Assisto a un tentativo di frenare un potere catecontico rispetto alla mondializzazione capitalistica. Veri cambiamenti, al momento, non ne ho visti, né pochi né di decisivi. Sicuramente, peggio di questo Governo c’è solo tutto il resto, diciamo così.