Lettera al Direttore: l’incubo di un’Italia araba

Caro Direttore,
migranti sì, migranti no. Ci tolgono il lavoro, la casa, lo spazio vitale, però al contempo non possiamo lasciarli lì a morire in mare, perché così si fa arrabbiare l’Europa. C’è una soluzione a questo problema? O dovrò immaginare che i figli dei miei figli vivranno in un’Italia araba?

Gianni

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Caro Gianni,
se posso permettermi, mi pare un po’ improbabile lo scenario che ha prospettato: un’islamizzazione della nostra penisola è abbastanza difficile da immaginare, per quanto mi riguarda. Tornando all’interrogativo che si pone all’inizio della sua breve lettera: «migranti sì, migranti no»? Non sono la persona a cui compete trovare una soluzione a questo problema, però vorrei comunque condividere con lei alcune mie riflessioni: inizio comunicandole che secondo le stime dell’Ipsos-Mori, gli italiani sono i cittadini meno informati sul tema dell’immigrazione. È importante poi sapere che 2 emigranti su 3 (Cei, 2014) utilizzano il nostro paese come «ponte» per raggiungere gli stati del nord Europa, quindi solo il 33% di chi sbarca si insedia nella penisola. Questo terzo degli sbarcati ci ruba il lavoro? Se immaginiamo uno scenario senza immigrati nel periodo 2010-2030, assistiamo alla perdita di 33 milioni di posti di lavoro nei 28 stati dell’Unione Europea, l’11% delle persone in età lavorativa. Le ricordo che l’Italia recentemente ha toccato il tasso più alto di denatalità dal 1861 e vivere in un «paese di vecchi» non fa altro che aumentare il carico pensionistico. Gli immigrati lavorando danno un contributo all’economia italiana di 3,9 miliardi di euro, compensando tutti gli italiani che si dedicano a occupazioni più specializzate. In altre parole: gli stranieri fanno in genere quei lavori che gli italiani non fanno più. E qui mi fermo, nonostante i «luoghi comuni» da elencare non siano stati esauriti da questa breve lista. Lei cosa ne pensa?
Saluti