Ddl Boschi: perché NO? L’iter legislativo

Perché non va bene?
«La riforma costituzionale del Senato porterà a un significativo Schermata 2016-08-24 alle 19.27.50recupero di efficienza e di competitività per il nostro paese», ha detto il 13 febbraio scorso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Opinione che va a braccetto con quella del ministro Maria Elena Boschi, datata 12 aprile 2016: «Un’Italia più semplice». Di semplice e chiaro c’è solo che non è vero niente. Paragonare un iter legislativo come quello attualmente in vigore (legge ordinaria: un passaggio alla Camera, uno al Senato; legge costituzionale: due passaggi alla Camera e due al Senato) a un caos rappresentato dalla funzione legislativa del Senato dopo la riforma, è come minimo impietoso. Noi non siamo nessuno per esprimere un’opinione in merito, quindi ci affidiamo al parere dei costituzionalisti, i quali non riescono a trovare un accordo sul numero di procedimenti legislativi che verranno a esserci. Questo, come abbiamo detto, porterà (anche se ci auguriamo ovviamente il contrario) a un continuo ricorso alla Corte costituzionale: una legislazione confusa porta a confusione, è lapalissiano.
Se è falso che si andrà verso una semplificazione, è altresì falso che il ruolo del Senato in merito all’iter legislativo sarà fortemente ridimensionato: palazzo Madama potrà avere voce in capitolo su ogni legge promulgata da Montecitorio, anche se la Camera potrà ignorare questi «suggerimenti». Certo, per «interferire» nel processo legislativo il Senato ha bisogno del voto di un terzo dei suoi componenti ma, lo ricordiamo, è molto probabile che a palazzo Madama esista una minoranza (anche superiore a 34 senatori su 100) avversa alla maggioranza della Camera; minoranza interessata ad allungare i tempi di promulgazione della legge. L’ultima parola spetta solo a Montecitorio, però le modalità per mettere i bastoni fra le ruote alla maggioranza parlamentare c’è. Ed è anche giusto che ci sia, è bene però notare che questo contraddice i propositi del governo Renzi, le cui parole d’ordine sono «Semplificazione» e «Velocità».
Perché l’iter legislativo proposto dalla riforma è un caos? Il modo più intuitivo per capirlo è andare a confrontare l’art. 70 della Costituzione con quello modificato dalla riforma: si passa da 10 parole (73 caratteri) a 438 parole (2979 caratteri), un incremento di più del 4000%. Entrando nel merito, si vengono a creare talmente tanti casi diversi che, essendo la realtà un’entità così complessa da rendere necessaria l’interpretazione di una legge, l’attività interpretativa diviene difficile e in molti casi controversa. Alla faccia della semplificazione.