«La buona scuola» senza nemmeno un uomo

Nella scuola italiana mancano gli insegnanti maschi: è un fatto evidente, una cosa che balza all’occhio, al di là dei dati e delle percentuali. E, a detta di molti e delle insegnanti in primis, questo è un problema. E non perché l’insegnante donna debba rappresentare la figura materna e l’insegnante uomo quella paterna, per carità mamma e papà sono a casa, ma perché ai nostri ragazzi viene a mancare nel luogo forse più importante per la loro formazione, per molte ore al giorno e per molti anni, un modo di vedere le cose, di rapportarsi al mondo e di affrontarlo diverso da quello femminile, ma altrettanto importante. Non basta, i pochissimi maschi che insegnano (il 21%, ma ancora meno nelle primarie e nelle medie), considerando spesso la scuola un secondo lavoro, non ci si dedicano con sufficiente dedizione e per questo non godono di particolare considerazione tra gli studenti. La scarsa presenza di insegnanti maschi non è irrilevante nemmeno ai fini dell’apprendimento degli alunni, in quanto la figura maschile, a torto o a ragione, è considerata socialmente e culturalmente superiore a quella femminile e, in quanto tale, costituisce per ogni alunno un sicuro modello di comportamento e di integrazione sociale. Questo crea un allontanamento dalla cultura in generale che viene identificata come femminile. Il fenomeno ha conseguenze disastrose: gli uomini leggono meno, vanno meno a teatro e al cinema, rendono meno a scuola in termini di voti e si laureano meno delle donne.

Non credo a chi dice che le ragioni sarebbero soprattutto culturali, l’insegnamento verrebbe visto come lavoro di cura e quindi femminile, penso piuttosto che la causa siano il basso stipendio (parliamo di personale laureato e specializzato) e l’impossibilità di crescere professionalmente «percorrendo» una carriera. Insomma, insegnare risulta essere un lavoro poco prestigioso e non sufficientemente remunerativo per chi spesso ancora rappresenta il principale sostegno economico della famiglia.

Che fare allora per rendere appetibile anche per i maschi la professione docente? Bisogna restituire agli insegnanti il prestigio sociale e permettere loro di «fare carriera», ma di certo non attraverso inutile «progetti» o diventando i «lecchini» del dirigente come sta scritto nella «Buona Scuola» del governo. Tra colleghe ne abbiamo parlato ed è emersa l’idea che nella scuola ogni docente dovrebbe essere titolare di un’aula, nella quale al cambio dell’ora gli alunni dovrebbero recarsi per seguire la sua materia e che diventerebbe a tutti gli effetti il suo studio o ufficio nel quale potrebbe lavorare anche nelle ore pomeridiane. Per quanto riguarda l’ avanzamento di carriera con conseguente adeguamento dello stipendio, questo dovrebbe avvenire attraverso «pubblicazioni» che risolverebbero anche il problema dell’aggiornamento costante del docente. Insomma, grandi innovazioni facilmente realizzabili e probabilmente più eque e sensate di tutte le chiacchiere che si sentono fare ultimamente attorno alla scuola. D’altronde, è a chi ci lavora che si dovrebbe chiedere quali riforme fare, mentre ancora una volta il documento del governo è stato scritto da gente che in aula c’è stata solo da studente.

Zigulì

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