La Lega ha toccato l’apice del populismo

Qualche settimana fa al grido di «Prima l’Italia» il leader della Lega, Matteo Salvini, ha lanciato sui social la seconda edizione del concorso a premi «Vinci Salvini», di cui può vantarsi di essere conduttore, oggetto d’esame e trofeo al tempo stesso. Così, a pochi giorni dalle elezioni europee in Italia ed amministrative in diversi comuni dello Stivale, la lotta all’ultimo voto torna ad assumere toni sempre più grotteschi in un clima di ostinata propaganda che sembra rivelare il lato peggiore della politica italiana. 

Il concorso, una vera gara social a colpi di like e tweet per il Ministro dell’Interno, aveva già avuto un precedente nel marzo scorso quando, in occasione delle elezioni politiche e in assenza del poi approvato Regolamento generale per la protezione dei dati (Gdpr), aveva permesso alla Lega di entrare in possesso di informazioni utili sul proprio elettorato e di sviluppare di conseguenza quella che si sarebbe rivelata una vincente campagna elettorale. Eppure, nonostante il successo della scorsa edizione, quest’ anno il «Vinci Salvini» sembra star scatenando più critiche che altro. 

Se da un lato è ancora troppo presto per parlare di un risveglio delle coscienze, dall’altro le numerose critiche ricevute da questo ridicolo gioco a premi possono far tirare, almeno momentaneamente, un sospiro di sollievo. 

Distante da quelli che potevano essere gli intenti scherzosi e le aspettative di Salvini e della Lega, la presentazione di questo format ha distolto l’attenzione dai contenuti della propaganda leghista lasciando il posto ad una apartitica riflessione sul concetto stesso di fare politica e sulle responsabilità che da essa derivano. Numerosi infatti sono stati i commenti di chi, proprio sui social, non ha apprezzato l’iniziativa definendola pietosa e imbarazzante.

In uno scenario interno quanto più turbolento, quale sembra essere quello della Lega nell’ultimo periodo, il lancio del nuovo gioco social doveva forse rappresentare un’occasione per tenersi stretto il proprio elettorato distraendo i fedeli seguaci del vicepremier dagli scandali degli ultimi giorni e riproponendo, ancora una volta, la lotta al nemico intellettualoide. «Anche questo video avrà tutti contro: giornaloni, intellettualoni, professoroni, analisti, sociologi. Ma noi usiamo la rete, finché ce la lasciano libera.», afferma Matteo Salvini nel video di presentazione del concorso. L’accanimento del vicepremier contro volti e canali dell’informazione pubblica non è certo una novità, eppure queste parole suonano quanto meno contraddittorie di fronte ai recenti casi di censura nei confronti degli striscioni anti-Salvini comparsi in tutta Italia. 

In questo senso il «Vinci Salvini» ha finito per assumere le vesti di un atto che è insieme una vergogna per la classe politica e una mancanza di rispetto nei confronti delle istituzioni dello Stato e dei suoi cittadini.

La farsa messa in piedi dalla Lega con il «Vinci Salvini» porta alla mente il populismo nella sua accezione più negativa di atteggiamento politico demagogico. Volto alla mera raccolta di consensi e realizzato entro i termini di una distorta lotta intestina tra il ceto popolare e una presunta élite di intellettuali, questo concorso social rappresenta quanto di più disdicevole si possa trovare in una campagna elettorale elevandosi il cattivo esempio per eccellenza di propaganda politica.