La pandemia è il risultato della distruzione della natura da parte dell’uomo?

Le pandemie sono il risultato della distruzione della natura da parte dell’essere umano. È quanto ribadiscono le Nazioni Unite, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il WWF International. Ed è una realtà che conosciamo da decenni e che abbiamo collettivamente ignorato, spiega il Guardian.
Il commercio illegale di animali selvatici, il disboscamento delle foreste e la distruzione di altri luoghi naturali, con ricadute tremende sulla fauna, sono i fattori principali del crescente numero di zoonosi, ossia malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo. Secondo un rapporto del WWF pubblicato la settimana scorsa, «il rischio di una nuova malattia zoonotica in futuro è più alto che mai». 
Il WWF esorta i governi a introdurre e applicare leggi per fermare la distruzione ambientale, e i cittadini a rendere le loro diete più sostenibili.

Carne, olio di palma e soia sono tra i prodotti spesso legati alla deforestazione. Gli scienziati sono convinti che consumare meno carne e latticini sia il modo più efficace per le persone di ridurre il proprio impatto ambientale sul pianeta.
L’autore di «Spillover. L’evoluzione delle pandemie», David Quammen, aveva spiegato nel suo libro, pubblicato per la prima volta nel 2012, perché l’essere umano è il principale responsabile delle pandemie moderne: «Nei nostri ecosistemi si trovano molti tipi diversi di specie animali, piante, funghi, batteri e altre forme di diversità biologica, tutte creature cellulari. Un virus non è una creatura cellulare, è un tratto di materiale genetico all’interno di una capsula proteica e può riprodursi solo entrando all’interno di una creatura cellulare. Molte specie animali sono portatrici di forme di virus uniche. Ed eccoci qui come potenziale nuovo ospite. Così i virus ci infettano. Così, quando noi umani interferiamo con i diversi ecosistemi, quando abbattiamo gli alberi e deforestiamo, scaviamo pozzi e miniere, catturiamo animali, li uccidiamo o li catturiamo vivi per venderli in un mercato, disturbiamo questi ecosistemi e scateniamo nuovi virus».

Esperti di fama mondiale hanno lanciato diversi allarmi negli ultimi mesi: in futuro le epidemie saranno probabilmente molto più gravi se non fermiamo la dilagante distruzione dell’ecosistema naturale. All’inizio di giugno, Inger Andersen, responsabile per l’ambiente delle Nazioni Unite, e il professor Partha Dasgupta, importante economista di fama internazionale, hanno scritto che il coronavirus dovrebbe servire da monito per l’umanità. E hanno criticato l’attuale pensiero economico perché non è capace di riconoscere che la ricchezza umana dipende anche dallo stato di salute del nostro pianeta.

«Abbiamo visto emergere molte malattie nel corso degli anni, come Zika, Aids, SARS ed Ebola e tutte hanno origine da animali che vivevano in condizioni di forte stress ambientale», spiegano Elizabeth Maruma Mrema, capo della convenzione per la diversità biologica delle Nazioni Unite, Maria Neira, direttore per l’ambiente e la salute dell’OMS, e Marco Lambertini, capo del WWF International, in un articolo pubblicato sul Guardian.
«Purtroppo, sebbene la pandemia di COVID-19 ci abbia dato un motivo ulteriore per proteggere e preservare la natura, abbiamo visto accadere il contrario. Dal Grande Mekong, all’Amazzonia e al Madagascar sono emerse notizie allarmanti di un aumento del bracconaggio, del disboscamento illegale e degli incendi boschivi, mentre molti altri paesi si stanno impegnando per ridurre frettolosamente gli impegni ambientali e tagliare i finanziamenti per la conservazione naturale. Tutto questo nel momento in cui ne abbiamo più bisogno».
Per quanto riguarda il coronavirus, «questi focolai sono manifestazioni della nostra relazione pericolosamente squilibrata con la natura. Dimostrano che il nostro comportamento distruttivo nei confronti della natura sta mettendo in pericolo la nostra stessa salute. Una dura realtà che collettivamente ignoriamo da decenni», scrivono gli esperti.

«Dobbiamo puntare su una ripresa giusta, sana ed ecologica e dare il via a una trasformazione più ampia verso un modello che valorizzi la natura come base per una società sana. Non farlo, e invece tentare di risparmiare trascurando la protezione dell’ambiente, i sistemi sanitari e le reti di sicurezza sociale, ha già dimostrato di essere una falsa economia. Il conto verrà pagato più volte».
Il 60-70% delle nuove malattie che hanno colpito l’uomo dal 1990 a oggi provenivano dalla fauna selvatica. Nello stesso periodo sono stati disboscati 178 milioni di ettari di foresta, equivalenti a oltre sette volte l’area del Regno Unito.
Tanya Steele, capo del WWF UK, ha ricordato che gli accordi commerciali post Brexit dovranno essere fatti pensando alla natura: «Non possiamo essere complici nell’aumentare il rischio di una prossima pandemia. Abbiamo bisogno di una legislazione forte e di accordi commerciali che ci impediscano di importare cibo che è il risultato della deforestazione o la cui produzione ignora gli standard ambientali e di benessere nei paesi produttori. Il governo ha un’occasione d’oro per realizzare un cambiamento che potrebbe essere esemplare per il resto del pianeta».