L’amore ai tempi del coronavirus – alcune precisazioni

Un precedente articolo omonimo voleva essere un appello a non fare un romanzo della situazione che stiamo vivendo, questo perchè è reale.

Nonostante la si sia trattata in uno dei più fantasiosi modi, è una situazione reale. Inizialmente io stessa aveva scherzato anche nel mio titolo al post. Ciò su cui volevo ironizzare, però, si badi bene, è come la società italiana si fosse quasi convinta che gli unici a rappresentare fonte di contagio fossero le persone provenienti dalla Cina.

Ci siamo presto dovuti smentire, dato che i numeri del contagio in Italia sono aumentati esponenzialmente. E se medici e personale sanitario si sono trovati a vivere l’emergenza sulla propria pelle, il resto della popolazione sembra barcollare tra lo stupore, l’angoscia, l’incredulità, la paura e anche qualche punta di scetticismo. Non si pretende qui di dire quale sia l’atteggiamento più adeguato, ma certo si potrà riflettere molto sul processo con cui ci siamo confrontati il coronavirus. Siamo partiti da notizie più o meno ironiche e tutto ci sembrava lontano. Poi, come spesso accade, quando il fenomeno si è avvicinato a noi e ha iniziato a toccarci, sempre con più forza, abbiamo assunto uno sguardo serio e/o di paura.

In molti hanno iniziato anche a chiedersi se tutto questo non rappresenti anche una inaspettata opportunità per fermarci, chiederci quali siano i nostri obiettivi e come li stiamo raggiungendo. Quali siano i nostri ideali e le nostre priorità. Alcuni, persino, accolgono la sfida.

Ciò che rimane chiaro in tutto questo, però, è la necessità impellente di evitare un’emergenza sanitaria. Va compreso come, per quanto in certi casi questo virus si possa affrontare serenamente, in certi altri casi richieda un posto in terapia intensiva. Quest’ultima, oltre ad essere molto costosa, sta diventando ancora più preziosa dal momento che i posti stanno finendo. Nei nostri ospedali è già arrivato il momento in cui è necessario scegliere tra i pazienti che hanno più probabilità di farcela. Il personale è già arrivato a fare turni di ben più di 10 ore. E quando questo personale rimarrà stremato, esaurito o a casa per il coronavirus stesso, non ci sarà più molto da fare. E quello che possiamo fare, invece, cos’è? Spezzare la catena dei contagi, evitando tutti i contatti evitabili e facendo un esercizio di coscienza enorme: ricordare a noi stessi che gli sforzi di oggi ci aiuteranno nell’indomani.

E nel frattempo, perché no, raccontiamoci novelle come nel Decamerone, ricordandoci quanto bello sia poter contare su conoscenze mediche ben superiori a quelle con cui i nostri avi si trovavano ad affrontare pestilenze e malattie.

In questo apparente stacco dai nostri rapporti umani, probabilmente potremo invece riscoprire la nostra umanità e dedicarla a tutti coloro che stanno lavorando per migliorare la situazione e portarla a una soluzione nel minor tempo possibile.

Mostriamo amore a noi stessi e agli altri, restiamo a casa. Questo è l’amore ai tempi del coronavirus.