Rischio più violenza, ma potremo anche riadattarci: un punto di vista psicologico

Stiamo vivendo qualcosa che probabilmente non avremmo mai immaginato di dover affrontare nel corso della nostra esistenza: non solo il timore per sé e i propri affetti, ma il forte ridimensionamento della libertà personale che si intreccia a una maggiore solitudine. Per tentare di comprendere l’impatto che tutto questo può avere sulla nostra parte interiore, abbiamo interpellato il Dottor Marco Costi, psicologo psicoterapeuta, specializzato in Psicoterapia e Ipnosi Ericksoniana presso la Siipe di Roma.

Quali tracce negative di questo periodo di confino domestico rimarranno nella nostra psiche?

Il ricordo di questa paura non sparirà e ogni volta rievocarlo sarà doloroso.
Le conseguenze sociali ed economiche di quanto sta accadendo non potranno essere indipendenti da quelle psicologiche.
L’identità di ognuno di noi in questo momento è fortemente compromessa dalle limitazioni che deve affrontare e dal timore per sé e per i propri cari. Sicuramente sotto il punto di vista psichico coloro che preservano meglio la loro salute sono gli artigiani e gli artisti, tanto è vero che quelli amatoriali stanno riscoprendo abilità impolverate.
Il problema però resterà quello economico.

Che cosa di buono ci lascerà, invece?

Innanzitutto credo che erediteremo una nuova coscienza del digitale.
Se fino a ieri non ritenevamo relazioni vere quelle intrattenute da remoto, da domani saremo probabilmente più propensi a considerarle più vicine a quelle vis à vis.
La precedente demonizzazione dei dispositivi dovrà lasciar spazio a nuove considerazioni sulle priorità relazionali di ciascuno.
In secondo luogo, credo che il protrarsi delle misure drastiche che stiamo adottando farà riflettere molti su un ipotetico dualismo vivere bene vs vivere più a lungo e questo stimolo potrebbe incoraggiare a prodursi in attività che finora erano state procrastinate.

I rapporti interpersonali saranno mai come prima?

Con ogni probabilità faremo un po’ fatica a riadattarci alla prossemica tipica delle nostre latitudini.
Tuttavia, nonostante il disappunto generato dall’angoscia diffusa, abbiamo capacità di adattamento tali da lasciar pensare che appena le condizioni lo permetteranno, torneremo alle attività precedenti in modalità del tutto similari.
È verosimile che ci saranno eccezioni, ma comunque statisticamente marginali.

Che cosa significa tutto ciò per chi già soffre di problemi psichici o patologie psichiatriche?

Si tratta di una popolazione molto variegata, alcuni di loro ne risentono in maniera esasperante.
Purtroppo il mondo della comunicazione riguardo l’epidemia si sta muovendo con la grazia di un elefante in una cristalleria. È inaccettabile che sia diffuso il terrore ad arte per settimane e poi si invitino le persone a mantenere la calma. In questo momento si fa davvero difficoltà a distinguere nettamente chi soffre di disturbi psichiatrici conclamati da molti che rimangono sotto-soglia di un soffio, ma sappiamo che è una condizione momentanea.
La buona notizia è che l’epigenetica ci insegna che la predisposizione a psicopatologie in alcuni casi si rivela paradossalmente adattiva a situazioni estreme come carestie o, appunto, epidemie.
In ottica evolutiva è come se alcune persone dalla salute mentale compromessa fossero improvvisamente le più adatte a sopravvivere in questi frangenti.

È verosimile un aumento di violenza domestica?

Personalmente il periodo di limitazione che stiamo affrontando è quello che mi preoccupa maggiormente.
Sono state prese in scarsa considerazione le conseguenze non solo psicologiche, ma anche organiche dei provvedimenti in atto e il prezzo da pagare potrebbe essere persino più alto in termini sanitari.
Molti pongono l’attenzione sulla condivisione di spazi cui prima si poteva facilmente ovviare e ora ci si ritrova costretti, ma è l’autorealizzazione coartata all’improvviso la vera miccia.
Le nostre identità sono molteplici: ognuno di noi è contemporaneamente lavoratore, giocatore di qualche sport, attore amatoriale, tifoso della propria squadra, appassionato di cinema o persino semplicemente della briscola cogli amici al bar.
Quelli sono abiti che indossiamo quotidianamente e che ora ci sono stati tolti e questo provoca una frustrazione che, ahimé sì, rischia di aumentare la violenza e temo non solo domestica.