Le lezioni che ci lascerà il Coronavirus

Probabilmente ci troviamo solo al principio di questa epidemia da nuovo Coronavirus che sta travolgendo il mondo intero, compreso il nostro Paese, ma certamente prima o poi ce la lasceremo alle spalle e la ricorderemo solo come un periodo sofferto su più piani. Come tutte le esperienze umane, però, ci consegnerà tra le mani delle lezioni preziose che faremmo bene a serbare, insegnamenti che dovremmo applicare, per determinare un miglioramento.

Un aspetto spicciolo, ma a ben pensare non banale è il comportamento da tenere se si accusano sintomi di patologie contagiose. Quando si manifestano, ad esempio, frequenti starnuti e colpi di tosse, sarebbe opportuno rintanarsi tra le quattro mura di casa, non solo per accelerare il recupero della propria salute, ma anche per non compromettere quella altrui, cercando, così, di evitare di contagiare colleghi, clienti, alunni, ecc. Va da sé che queste ottime pratiche non dovrebbero essere ostacolate dai datori di lavoro, anzi incoraggiate e lodate, tuttavia sappiamo che spesso risulta impossibile assentarsi dal lavoro, per via proprio delle pressioni dei superiori restii a organizzare delle supplenze, con l’obiettivo del profitto anteposto a ogni valore. 

Un altro frangente collegato al precedente che può apparire lapalissiano, ma effettivamente non lo è, è quello dell’igiene. Sarebbe veramente di grande aiuto nel contenimento di virus e batteri collocare in tutti i luoghi pubblici almeno un distributore di gel disinfettante, in modo che ognuno di noi possa lavarsi accuratamente le mani di frequente, pure in mancanza di acqua e sapone. Certo, non basterebbe solo istituire questi punti, ma ci vorrebbe che ciascuno sviluppasse una coscienza igienica massiccia. Chissà quanti malanni in meno se tutti ci detergessimo le mani dopo aver utilizzato i mezzi pubblici, prima di addentare un panino, in seguito al contatto con monete e banconote! Insomma, modeste accortezze che molti purtroppo ignorano.

Ora occupiamoci, invece, della nostra sanità pubblica, quella che si sobbarca ogni emergenza e che dunque non poteva non essere in prima linea contro il temuto Covid19. In questi giorni, si odono ancora elogi orgogliosi di nostri connazionali nei confronti del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Ovviamente, questo esce trionfante dal confronto impari con la sanità statunitense presso la quale anche un semplice tampone rinofaringeo prevede il pagamento di migliaia di dollari; tuttavia, è immotivato crogiolarsi in un’efficienza e in una gratuità che si rivelano sempre meno marcate, minate dal crescente ridimensionamento del settore pubblico. Infatti, c’è ben poco da consolarsi, a fronte di ospedali allo stremo nel giro di una settimana, subissati da pazienti a cui occorrono visite, esami, posti letto classici e in terapia intensiva che scarseggiano. Medici e infermieri  si ritrovano a lavorare in condizioni disagiate ed emerge chiaramente che non ne disponiamo a sufficienza; addirittura, per ammorbidire i ritmi disumani a cui sono obbligati, sono stati richiamati dottori ormai in pensione. Questo è davvero raccapricciante,  in un Paese in cui i neolaureati in Medicina faticano ad accaparrarsi un posto in specializzazione, a causa del meccanismo a imbuto che va a crearsi con la scarsa messa a disposizione delle borse di studio.

Capiamo, in questo modo, che tutto è riconducibile alla distruzione della spesa statale, la quale, ridotta all’osso non consente a un settore fondamentale come quello sanitario di ricevere le risorse indispensabili per assumere personale, ampliare e rinnovare i reparti, acquistare materiale e macchinari. Auguriamoci che, imbattendosi negli effetti gravosi comportati dal Coronavirus, sempre più cittadini abbiano contezza dell’importanza inderogabile di una significativa spesa pubblica e che cessino di farsi impaurire da chi intende farci annegare nell’austerità per non ostacolare il selvaggio libero mercato.