Massimo Bitonci, ritratto di un mito

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Non ha nemmeno 50 anni e già ha vissuto tutto quello che ci si può aspettare da un politico di lungo corso: Camera, Senato e due comuni da amministrare, Cittadella prima Padova adesso. È tutta fortuna? Certo che no: solo un grandissimo leader dal travolgente carisma come Max Bitonci si può permettere una carriera come questa. I suoi difetti? È permaloso, Emilio Randon sul Corriere del Veneto lo ha efficacemente soprannominato «la querela più veloce del west» e, soprattutto, ha una visione manichea del mondo che, secondo lui, sarebbe diviso fra «bitonciani» e comunisti, come se di comunisti ce ne fossero ancora tanti. Un’altra cosa che contraddistingue Max è il non accettare un contraddittorio: a differenza del suo predecessore Zanonato che, dall’europarlamento, manda tweet chiedendo del «sentiment» che aleggia a Padova, Bitonci non risponde alle provocazioni (forse ci ritiene troppo piccoli per lui) se non minacciando querele e «bloccando» i disturbatori sui social network. Su Twitter né dal profilo de La Voce che Stecca, né da quello mio personale posso accedere alla lista dei suoi cinguettii. Mi ha detto a suo tempo che ho «problemi seri» come risposta ad una lettera in cui lo accusavo di non aver ancora combinato nulla: per un confronto dovremo aspettare le calende greche.
Altra caratteristica del Bitonci è il suo ottimismo nel proporre iniziative assurde: controllo antiebola a tutti gli immigrati che entrano a Padova, rifiuto di incontrare il console del Marocco e l’ex ministro Kyenge, istituzione di un fondo per fare tornare gli immigrati a casa loro (ma chi di loro vorrebbe?) e, aggiungiamo, il pretestuoso rifiuto di far accedere la giornalista Dina Lauricella di
Servizio Pubblico in consiglio comunale. Intanto però Padova è uguale identica a sei mesi fa, con gli accattoni, i venditori abusivi, le rapine e gli scippi. È cambiato solo il clima: ora c’è molta più tensione per le strade.
Dando un’occhiata alla pagina Facebook del sindaco di Padova si può scorgere una tendenza all’autoelogio e alla critica verso i comunisti e i «giornalisti prezzolati»: in altre parole solo chi lo loda è degno di stare nel suo
entourage, tutti gli altri sono da bandire. Sono solo io a ricordarmi un tempo (lontano) in cui c’era stima per gli avversari politici? Sono passate ere, avete ragione. Ora è molto più comodo attaccare e basta, discutere non va più di moda. C’est la vie.
Un piccolo suggerimento al grande Max: la destra padovana non è tutta con te, forse perché né tu né l’ex Msi Maurizio Saia siete i simboli della destra liberale e
vera.

Tito G. Borsa