Minzolini è salvo perché è morta la legge

ugusto Minzolini, l’ex direttore del Tg1 condannato per peculato oggi senatore di Forza Italia, è immune alla legge Severino, lo ha deciso ieri Palazzo Madama che con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti ha annullato il parere della Giunta di sette mesi fa sulla revoca del mandato. Il Pd aveva dato libertà di voto ai propri senatori, 19 dei quali hanno contribuito al salvataggio di Minzolini, il quale con la legge Severino (la stessa ad aver portato alla decadenza di Silvio Berlusconi) avrebbe dovuto fare le valigie da Palazzo Madama.
Questa decisione, secondo il costituzionalista Antonio D’Andrea, ha «effetti distorsivi sul principio generale di legalità», perché le Camere, nonostante siano depositarie di una sorta di «giurisdizione speciale» nei confronti dei propri appartenenti, dovrebbero agire «secondo la legge e non contro la legge».
Il Senato ha infranto una norma che aveva invece portato alla promulgazione, una legge particolare che da oggi rende i parlamentari a tutti gli effetti potenzialmente inamovibili, qualunque reato possano commettere. Una sorta di ritorno all’ancien régime, in cui chi stabilisce la legge è al di sopra della legge stessa.
Francesco Paolo Sisto, senatore azzurro, ha sintetizzato questa sentenza: «Oggi il Senato recupera la sua autonomia», sì ma nei confronti della legge che dovrebbe essere uguale per tutti. Non ci sono parole per commentare lo sconcerto di fronte a quanto è avvenuto ieri, che è stato l’ennesimo episodio della Casta che si chiude in se stessa, addirittura con alcuni membri della maggioranza che salvano un senatore dell’opposizione.
Non c’è davvero altro da dire: la Severino è valida ma solo de iureDe facto, invece, tutto dipende dalla decisione (umana e imprevedibile) dei membri della Camera di appartenenza del condannato. La legge non è più uguale per tutti, forse è meglio ricordarcelo prima di definirci un paese civile.