Niente riaperture per eventi live e discoteche: si rischia effetto boomerang

La recenti delibere del Comitato Tecnico Scientifico in merito alle riaperture dei luoghi di aggregazione sembrano, una volta di più, aver scontentato tutti gli operatori coinvolti. Nonostante il drappello di esperti abbia in data 27 settembre allentato alcune restrizioni, ripristinando la capienza massima dei locali all’aperto adibiti a cinema, teatro e concerti, le condizioni per riattivare completamente il settore dell’intrattenimento musicale sono tutt’altro che soddisfatte. Le agenzie che si occupano di eventi live, infatti, lamentano di come una capienza ridotta al coperto non permetta di rientrare dei costi di organizzazione, specialmente dopo lo stop forzato di 18 mesi di tutte le attività e i ristori non sufficienti a coprire a lungo il pagamento regolare degli stipendi e la mancanza d’introiti. Voci critiche su questa decisione si sono levate perfino da un organo di controllo quale la SIAE, che difficilmente prende posizione in merito a questioni differenti dal diritto d’autore.

Tra le principali critiche mosse dai lavoratori dello spettacolo vi è la discrepanza di trattamento del Governo italiano rispetto alla maggior parte dei Paesi esteri, in cui concerti e manifestazioni si svolgono a piena capienza in virtù del Green Pass, strumento fortemente voluto e imposto dalla compagine governativa, ma sostanzialmente ignorato dal processo decisionale in questo frangente.

Ed è proprio al certificato verde che si appellano i 2500 gestori delle discoteche, i quali hanno subito una sorte ancora peggiore dei colleghi organizzatori di eventi dal vivo, in quanto ogni considerazione sulla riapertura dei loro locali è stata rinviata a ulteriore delibera (si parla di novembre, o perfino dicembre, soltanto affinché l’istanza venga presa in considerazione e vengano intavolati discorsi su modalità e percentuali di capienza), nonostante la presa di posizione a loro favore da parte di alcuni politici di primo piano come Giorgetti e Bonaccini.

La decisione di abbandonare a se stessa questa nicchia nonostante ci siano le condizioni per abbozzare una ripresa delle loro attività in conformità agli strumenti messi in atto per il contrasto alla pandemia rischia di avere un effetto boomerang dovuto alla frustrazione, nonché alla disperazione economica, degli addetti ai lavori. Alcuni loro rappresentanti hanno infatti dichiarato che la volontà comune è di riaprire comunque e di infischiarsene delle conseguenze, come spesso paventato e mai attuato da altri settori.

Tuttavia, è difficile che in seguito a tali affermazioni, le quali sembrano minacce ma hanno valore di sfogo, si crei un fronte compatto e in grado di resistere a sanzioni, controlli e delibere di chiusura, esattamente com’è successo lo scorso agosto, quando alcuni locali della penisola hanno provato a organizzare comunque le loro serate, ma sono stati prontamente disinnescati dagli interventi delle forze dell’ordine.

Pare più probabile che, come già si vocifera da mesi riguardo le discoteche che offrono anche servizio ristorante o pub, continueranno a essere organizzate serate enogastronomiche di facciata e verrà chiuso un occhio quando l’accompagnamento musicale aumenterà d’intensità, portando parte degli ospiti a tuffarsi nella pista da ballo, nonostante il cartello che ne vieti l’utilizzo. E certamente si registrerà una nuova proliferazione di feste e raduni illegali, in ambienti non controllati e in condizioni ben più problematiche per la salute pubblica di una discoteca con accesso riservato ai possessori di Green Pass.

In definitiva, il rinnovo delle chiusure è una misura capestro, ma anche un possibile autogol, ai cui effetti chi ne è investito si potrà sottrarre con un po’ di furbizia e d’ipocrisia, in perfetta linea con la gestione all’italiana della pandemia.