Non è colpa della casta, ma dell’austerità targata UE

Pressoché ogni giorno ci imbattiamo nel disagio derivato dalla scarsa attenzione, se non addirittura dall’abbandono da parte dello Stato. Specialmente chi si ritrova a fronteggiare circostanze spiacevoli e complicate, spesso croniche, che si protraggono a lungo nel tempo e condizionano la propria esistenza, percepisce di non essere supportato adeguatamente dalla macchina statale. Così, si finisce per provvedere in gran parte di propria tasca alle esigenze che incombono, vedendo il proprio conto corrente man mano prosciugarsi, contraendo debiti con le banche, dovendo lavorare, ma al contempo non averne il tempo, se, ad esempio, ci si deve dedicare alla cura di un parente in gravi difficoltà.

Sono varie le considerazioni che vengono espresse da chi si vede costretto a cavarsela da solo. Alcuni, con una nota di tenerezza, tendono quasi a giustificare lo Stato che volta loro le spalle; pensano che, per la vastità delle problematiche che colpiscono i cittadini, sia per esso eccessivamente gravoso occuparsi di sollevare dalle pene quotidiane ogni disabile, ogni malato, in particolare quelli affetti da patologie poco comuni se non rarissime, i quali necessiterebbero di terapie ad hoc che, in alcuni casi, ancora non sono state messe a punto.

Altri si rendono ben conto che non ricevere adeguata assistenza e sufficienti aiuti economici costituisce un’imperdonabile mancanza da parte dello Stato, che tradisce i principi costituzionali non facendosi garante, per restare nel tema sanità, della salute dei suoi cittadini.
L’interpretazione che diffusamente viene adottata per quest’inefficienza risulta, tuttavia, viziata da un’influenza propagandistica di stampo liberista, la quale si concentra su una parte dei problemi che affliggono il nostro Paese, trasformandola nell’unica fonte di tutti i nostri mali. Infatti, il popolo è portato a reputare che la responsabilità delle ristrette risorse destinate al soddisfacimento dei suoi bisogni sia da collegare alle ruberie dei politici, alla corruzione dei burocrati, ai loro stipendi estremamente elevati.
Rarissimo è, invece, che, spostandoci su altri fronti, gli utenti di mezzi pubblici vessati da ritardi, vetture obsolete, spesso guaste e pericolose si scaglino contro ciò che davvero influisce in negativo sul nostro comparto pubblico: l’austerità calata dall’alto dell’Unione Europea e poi abbracciata dalla nostra Costituzione con la riforma dell’articolo 81, messa a punto a inizio 2012.

Condizionati da partiti politici come il Movimento di Grillo e da talk show che in continuazione sbraitano su reati come peculato, appropriazione indebita, corruzione, ecc., gli italiani sono largamente offuscati da questa visione di malaffare a livello politico, ritenendo la nostra penisola l’unico Stato al mondo affetto da queste deplorevoli pratiche, che sarebbero addirittura in grado di compromettere l’esistenza e la funzionalità dei servizi pubblici.
I nostri connazionali sono ignari del fatto che, nonostante si possano e si debbano aggredire penalmente gli autori di questi reati, non si riuscirà mai a estirpare del tutto questo genere di fenomeni, così come la criminalità in termini assoluti: non esiste un’isola felice imperturbabile, perché è intrinseca nell’essere umano l’inclinazione verso l’errore.

Ciò non deve però portare, al contrario di che cosa vogliono indurci a pensare, al fatto che, a fronte di chi delinque ai danni dello Stato, si debba sminuire e ridimensionare quest’ultimo, com’è avvenuto con il taglio del numero dei parlamentari. E neanche a foderarci gli occhi di odio nei confronti della casta per non capire che cosa davvero causa il degrado del nostro welfare: il pareggio di bilancio.
È vero, non ne sentiamo parlare da televisioni e giornali, appare una espressione complessa e oscura, dunque impone un approfondimento personale, autonomo, non guidato da qualche trasmissione che si affibbia l’etichetta d’inchiesta.
Eppure, è ciò che condiziona ogni giorno le nostre vite, perché sottrae fondi ai trasporti, alla sanità, alla ricerca, all’istruzione, trasformandoci in clienti dei privati con l’odio profondo per uno Stato che, godendo di piena sovranità economica, non lascerebbe nessuno al proprio destino.