Cirinnà: Guglielmo di Ockham contro Adinolfi

virgapDal 2013 al 2016 la Chiesa italiana
ha mantenuto un atteggiamento ambiguo sul ddl Cirinnà,
ha ritenuto che fosse inevitabile la sua approvazione
e ha preferito non esporsi in una battaglia frontale,
scelta che invece premiò nel 2007
quando fu proprio la Conferenza episcopale italianavirgchius
a promuovere il Family Day che fermò istantaneamente i Dico
Mario Adinolfi, Facebook,6 gennaio 2016

Esaminiamo oggi un altro punto, il primo, dei «sette atti da compiere per fermare il ddl Cirinnà», formulati dal monsignor de facto, nonché direttore del quotidiano online La Croce, Mario Adinolfi. Lo riportiamo integralmente qui sotto.

adin2

Risulta evidente che Adinolfi, pur pontificando e catechizzando (termini quanto mai appropriati) di diritto e politica, non conosca i principi basilari dell’Italia repubblicana. «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani», spiega Mario_Adinolfi_mamma_Trento_pedofilial’art.7 della Costituzione al comma 1, per poi specificare che i rapporti fra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi. È inutile ribadire che stiamo parlando di due nazioni differenti, indipendenti e con leggi e diritto propri.
Affermare la necessità di una «presa di posizione netta della Chiesa» per fermare il ddl Cirinnà significa dare per scontato che un’entità religiosa e/o un’entità statuale straniera abbiano il potere di influire sulle decisioni parlamentari. Se così fosse – e non è da escludere che così possa effettivamente essere – allora il potere legislativo italiano avrebbe abdicato a favore della religione o del Vaticano, cosa di per sé assurda e contraddittoria rispetto ai principi che regolano lo Stato stesso. «Qualora il papa ricevesse da Cristo una pienezza di potere che gli conferisse un controllo completo sulle questioni temporali e, parimenti, su quelle spirituali (la cosiddetta plenitudo potestatis, ndr), non sarebbe possibile intendere né in senso affermativo né in senso negativo i passi della Scrittura in cui si asserisce che la legge evangelica si fonda su un principio di libertà, perché ci troveremmo di fronte a una forma spaventosa di schiavitù – sia in ambito secolare sia in ambito spirituale – incomparabilmente peggiore di quella imposta dall’antica legge», scriveva Guglielmo di Ockham nella prima metà del Quattordicesimo secolo. E continuava: «In tal caso, infatti, la legge evangelica renderebbe tutti i re e i principi cristiani, i prelati, i membri del clero e i laici servi del sommo pontefice»; «Se davvero il papa godesse della suddetta pienezza di potere, egli potrebbe deporre i re, i principi, gli ecclesiastici ockhame tutti i laici dalle loro cariche e privarli dei loro beni e diritti, senza che essi abbiano alcuna colpa e senza alcun motivo specifico; egli potrebbe addirittura decidere di sottomettere i sovrani all’autorità dei rustici e trasformarli in contadini». La conclusione è ovvia: un’ipotesi simile è «del tutto priva di senso e in aperto contrasto con la legge evangelica». Ovviamente Guglielmo venne prima condannato per eresia (poi assolto) e infine scomunicato. Il suo pensiero è quanto mai attuale per quanto riguarda il ddl Cirinnà: il fatto che alcuni parlamentari siano cristiani – nonostante mogli, concubine, divorzi e altri gravi peccati al seguito – non deve significare che essi siano costretti a ubbidire ai dictat della Cei o di chicchessia. La Chiesa è libera di esprimere la propria opinione in ogni discussione, ma chi detiene un potere statale non deve prendere in considerazione quelle parole: siamo in uno Stato laico, siamo indipendenti dalle altre nazioni, specie da quelle che non conoscono la democrazia.