Parla una lettrice: il legame fra denunce di stupro e paradigmi sociali

Pubblichiamo un commento all’articolo sui presunti stupri a Firenze da parte di due carabinieri ai danni di due ragazze statunitensi e la risposta del direttore della Voce che Stecca Tito Borsa.


La butto lì provocatoriamente: come si fa ad accettare passaggi da degli sconosciuti, per quanto siano in divisa e sembrino brave persone?
Lungi da me difendere dei colpevoli se tali saranno giudicati (da chi di competenza, non di certo l’opinione pubblica, e con tutte le garanzie che la legge offre) però, pensando anche al caso della ragazza a Lecce (in vacanza non da sola ma con amiche) che ha accusato un 27enne di stupro dopo averlo ospitato per una notte, mi pare che la tendenza si stia invertendo, quasi che si usassero le accuse di stupro per pulirsi la coscienza per aver fatto qualcosa seguendo i propri istinti, che, complice la situazione vacanziera, sono più facilmente assecondati, a discapito delle regole socialmente approvate nelle quali si è state cresciute
Tali ragazze, se non si fossero sentite giudicate dal circolo sociale in cui sono inserite, avrebbero mosso comunque denuncia di stupro?
Secondo me, troppo spesso, è la morale comune che fa sentire violate e sporche (e quindi induce a reagire) nonostante ciò che intimamente si è provato.
Ecco, la ratio di un reato grave e socialmente infamante come quello di stupro, dovrebbe inserirsi in un contesto in cui l’individuo presunto vittima sia lasciato libero di agire secondo i propri istinti, nonostante ciò che le regole di condotta socialmente accettate possono dire (sarà semmai una questione meramente personale dei soggetti coinvolti, affrontare le conseguenze di ciò che si è fatto con riguardo alle proprie relazioni sessual-sentimentali).

Eliana


Cara Eliana,
nel suo commento mette sul piatto una riflessione particolarmente delicata, unendo i presunti stupri e la morale sociale. Non so, come immagino non sappia nemmeno lei, che cosa sia successo quella notte a Firenze, ma ha ragione a dire che esistono degli apparati preposti per indagare e cercare di raggiungere la verità. Non vorrei però fare né un processo alle intenzioni vere o presunte tali, né cercare di rimediare alla mia (e nostra) ignoranza su quanto accaduto rimediando delle ipotesi.
Non sono favorevole a un mondo fondato sulla diffidenza: al di là delle imprudenze, che a 21 anni non sono così gravi da dover essere biasimate, sempre che quanto raccontano le ragazze sia vero, di chi ci si può fidare se non di chi ricopre un ruolo come un tutore delle forze dell’ordine? Apprezzo la riflessione che ha deciso di condividere con noi, però non l’avrei calata su un caso specifico di cui si sa ancora molto poco. Se anche il sesso fosse stato consenziente (e dei rapporti sessuali, secondo quanto è trapelato, ci sarebbero stati), che professionalità possono vantare dei carabinieri che fanno sesso in servizio, con la scusa di controllarne l’abitazione?
Io non so che cosa sia successo a Firenze – lo ripeto –, però so per certo che voglio aspettare di apprendere la verità per poterci riflettere su. 

Tito Borsa