Perché l’Italia non riesce autonomamente a produrre l’energia che consuma?

Martedì 14 settembre, durante il convegno della CGIL, il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha dichiarato che nel prossimo trimestre gli italiani saranno chiamati a pagare un 40% in più sul costo delle bollette dell’energia elettrica, comportando così l’inizio di un dibattito politico.

Purtroppo l’aumento del prezzo non riguarda solamente l’Italia ed è dovuto sia all’aumento dei prezzi delle materie prime, come gas e combustibili derivanti dal petrolio, sia a quello dei costi per le imprese che producono energia; quindi, il problema è causato anche da fattori esterni al nostro Paese.

Come mai l’Italia, che è uno dei Paesi che vanta una forte presenza di fonti rinnovabili, come la radiazione del sole, regioni molto ventilate soprattutto al sud, e un ingente numero di centrali idroelettriche, non riesce autonomamente a produrre l’energia che consuma?

Nel 2016, secondo i dati di Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, in Italia sono stati prodotti 277 TWh rispetto ad un fabbisogno energetico di 314,3 TWh. Di questi 277 TWh solo circa un terzo riusciamo a produrlo tramite fonti energetiche rinnovabili, quali l’eolico, il fotovoltaico, l’idroelettrico e il geotermico, mentre il restante viene prodotto da combustibili fossili. Attualmente il nostro Paese ha una potenza installata di 120 gigawatt; di questi 32 GW vengono da eolico e fotovoltaico, 65 GW da termico (quindi petrolio, gas e carbone) e altri 23 GW dalle centrali idroelettriche. L’obiettivo dichiarato da Draghi è quello di aggiungere altri 60/ 70 GW da rinnovabili. Questa sostituzione dovrebbe avvenire soprattutto attraverso impianti fotovoltaici con una potenza aggiuntiva di 50GW, il resto da eolico.

L’Italia riesce a produrre l’88% dell’energia che viene consumata, il restante lo importa da altri Paesi, quali ad esempio Svizzera, Slovenia, Austria e Francia. La Francia in particolare riesce a garantire una buona dose di energia elettrica grazie alla presenza nel suo territorio di 58 centrali nucleari, di cui l’Italia è sprovvista. Ciò significa che, nonostante più referendum abbiano portato alle dismissioni di centrali nucleari in Italia, noi usufruiamo di quelle centrali che non vogliamo, solo che sono francesi. Il 10% dell’energia consumata da noi deriva dalle centrali nucleari. Un altro Paese che sta andando verso una produzione green di energia elettrica è la Germania, che dal 2022 dovrebbe anche lei dismettere se non ridurre al minimo l’utilizzo di centrali nucleari, questo dopo ciò che è successo in Giappone, dove lo taunami ha travolto la centrale nucleare di Fukushima.

Sessant’anni dopo la fondazione della CECA e di Euratom, è evidente che l’obiettivo dell’indipendenza energetica europea cui miravano i padri fondatori non è stato raggiunto né dal nucleare né dalle altre fonti energetiche disponibili. Al contrario, l’Unione Europea è diventata il più grande importatore di energia al mondo: spende complessivamente 400 miliardi di Euro all’anno per comprare dall’estero più della metà (il 53%) dell’energia che consuma. Concentrandosi sull’energia elettrica, vediamo che nel 2015 il nucleare, il carbone e le rinnovabili hanno fornito ciascuno esattamente il 27% del fabbisogno europeo, mentre il gas e il petrolio hanno contribuito rispettivamente per il 17% e per il 2%. Va notato che più della metà del pacchetto rinnovabile viene dalle turbine idroelettriche e non da fonti più nobili come il sole o il vento. Siamo ancora ben lontani dall’obiettivo europeo previsto per il 2030, quando l’elettricità da fonti rinnovabili dovrebbe arrivare al 46-50% e rappresentare il 27% del consumo totale di energia.
Inoltre, entro il 2030, tutti gli Stati europei dovranno dotarsi di infrastrutture in modo da permettere – in caso di bisogno – di esportare verso altri paesi europei almeno il 15% dell’energia elettrica prodotta sul proprio territorio. Ora siamo ben distanti anche da questa meta perché ora dieci Paesi europei (a parte Cipro e Malta che prevalentemente importano) non potrebbero garantire l’esportazione nemmeno del 10% della loro produzione.
Da questi numeri vediamo che l’Europa dipende dal nucleare per oltre un quarto della propria energia elettrica e più della metà dell’elettricità che deriva da fonti a basso impatto ambientale viene proprio dalle 128 centrali atomiche installate in 14 dei 28 Stati europei.

Il nostro Stato non dovrebbe puntare solo sull’indipendenza energetica europea, ma darsi come obiettivo l’indipendenza nazionale con l’installazione, dove possibile, di impianti fotovoltaici in tutto il territorio nazionale. Ogni abitazione, utopicamente, dovrebbe avere la possibilità di raggiungere l’indipendenza energetica anche con l’ausilio di batterie per l’accumulo.