Piove sul Bagnasco

che la Chiesa fosse più che coinvolta nella politica italiana era cosa già arcinota: ogniqualvolta si tocca un tema «etico», ecco cardinali, preti e vescovi tuonare pro o contro quel provvedimento. Inevitabile che accadesse anche per il ddl Cirinnà sulle unioni civili per le coppie omosessuali.

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Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, ha sentenziato: «Ci auguriamo che il dibattito in Parlamento sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi e che la libertà di coscienza sia, non solo rispettata, ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto». Con uno stile che ricorda quello dei moniti quirinalizi di Giorgio Napolitano, sua Eminenza ha espresso la sua preferenza per il voto segreto. Non sono mancate, in un impeto d’orgoglio, le repliche della politica: «Il cardinale ha travalicato il suo ruolo» ha dichiarato il sottosegretario Pizzetti, mentre il vicepresidente del Senato Valeria Fedeli ha spiegato che «La modalità del dibattito sono decisi dalla presidenza e dal regolamento». La verità è che Bagnasco non ha fatto niente di strano: si è sentito in dovere di dire la sua sul ddl Cirinnà, come potrebbe fare chi scrive e ogni comune cittadino. Il problema è un altro, ed è molto più profondo.
Impedire a degli individui fino a prova contraria dotati di pensiero e Bishop_Angelo_Bagnasco_(2005)parola di proclamare la propria opinione su un tema pubblico è, oltreché incostituzionale, privo di ogni senso logico. La differenza sta nella risposta della politica: siamo nel paese in cui dei parlamentari sono contrari a una legge non perché – semplicemente – la ritengono contraria al proprio pensiero, bensì perché «sono cattolici». Il problema non è in chi parla ma in chi ascolta, anziché proseguire imperterrito per la propria strada. Si può dire che piove sul bagnato, anzi sul Bagnasco: si tratta dello stesso copione dei teatrini messi in scena per l’eutanasia, il testamento biologico e i Dico di prodiana memoria. Non è un caso che i «due milioni» (ahahah) di persone del Family Day al Circo Massimo fossero lì in nome della fede cattolica che li accomunava, e non di un’ideale. La religione, se deve esistere in uno Stato moderno, deve accompagnare il cittadino nell’esistenza, dargli risposte che la realtà non è in grado di fornirgli, concedergli un appiglio nei momenti di sofferenza. Deve fare tutto fuorché influenzarlo nelle questioni che riguardano la politica e lo Stato.
Questo processo di maturità, come essere umano e come cittadino, dipende unicamente dall’individuo: la Chiesa non rinuncerà mai
di sua sponte all’enorme potere che ha sulla res publica, è compito del fedele separare il privato ambito religioso dal pubblico ambito laico.