Potere al Popolo: «Noi unica sinistra, difendiamo lo stato sociale»

La napoletana Viola Carofalo, classe 1980, due dottorati di ricerca, si presenta alle elezioni politiche alla guida di Potere al Popolo, formazione di sinistra nata dall’esperienza di numerose assemblee territoriali sparse in tutta Italia. 

Come avete maturato l’idea di scendere in campo? È corretto definire lei candidata premier?

Inizio rispondendo alla seconda domanda. Capo politico o candidato premier è la definizione che il Rosatellum ci impone, quindi formalmente è così, però noi su questa cosa siamo abbastanza ironici, è un appellativo che non condividiamo. Normalmente, preferisco presentarmi come la portavoce di Potere al Popolo. Passando al secondo quesito, abbiamo deciso di prendere in mano la situazione quando il percorso del Brancaccio intrapreso da Tomaso Montanari e altri è stato dichiarato fallito, interrotto, con l’annullamento dell’assemblea del 18 novembre. Noi in realtà non avevamo preso parte a quel progetto, però l’avevamo osservato dall’esterno e ci siamo resi conto che, con il suo declino, la formazione più a sinistra che avremmo potuto votare sarebbe stata quella di D’Alema, che poi ha dato vita a Liberi e Uguali. Dunque, alla luce di questo, nonostante io e altri attivisti non fossimo stati molto attenti al tema della rappresentanza per lungo tempo, non partecipando e talvolta nemmeno votando, abbiamo discusso e ci siamo detti che era il momento di rompere gli indugi e di parlare anche attraverso questo strumento. Questo non significa abbandonare il lavoro sul territorio, che per noi è fondamentale, ma provare anche la strada istituzionale

Che cosa vi differenzia dagli altri schieramenti di sinistra?

Quali schieramenti?! Io negli altri non leggo, né nei programmi, né tantomeno nelle modalità, proprio niente di sinistra. Al di là di questo, ciò che ci caratterizza è come si è costruito il nostro percorso. Non faccio altro che leggere sui giornali di quanto gli altri stanno litigando per le candidature. Nel nostro caso, tutti questi problemi non ci sono stati perché i candidati sono stati designati dalle assemblee territoriali, dal basso. Si tratta di nomi di persone legate al territorio, che si sono spese nelle lotte e già questa è una differenza sostanziale. Ovviamente, anche dal punto di vista del programma siamo diversi.

Di che cosa necessita l’Italia in questo momento?

Prima di tutto c’è la questione del lavoro, centrale nel nostro programma e nelle nostre assemblee, lavoro che non è quello che abbiamo visto e vissuto negli ultimi anni. Non è il lavoro del Jobs Act e della Riforma Fornero, ma stabile, non precario, sicuro, anche per quanto riguarda la salute. Un altro tema che ci sta molto a cuore è la difesa dell’ambiente e non potrebbe essere diversamente dato che al nostro interno ci sono molti comitati ambientalisti. È molto forte in noi l’idea della ricostruzione dello stato sociale come scuola, servizi pubblici, sanità, edilizia popolare, tutte questioni che sono state affrontate solo marginalmente negli ultimi tempi e che ci hanno condotti a un vero e proprio disastro. Non a caso, ogni anno si registra un aumento della forbice tra ricchi e poveri, aspetto che troppi tendono a ignorare.

Qual è il vostro rapporto con l’Unione Europea?

L’Ue che noi vorremmo non è quella che c’è adesso. Noi desideriamo un’Unione Europea basata sull’idea di solidarietà, sui diritti sociali, sulla pace, una Ue che promuova politiche solidali non soltanto tra i paesi europei, ma tra tutto il Mediterraneo, alla luce dell’emergenza migranti. Invece, l’Unione in cui viviamo ora è quella dei trattati. In particolare, mi riferisco al Fiscal Compact e a tutte quelle direttive che portano a tagli ingenti della spesa pubblica. Vogliamo che le persone possano essere chiamate a esprimersi direttamente sulle decisioni che, al momento, vengono prese sulla loro testa.

Sentite il peso di non godere di una grande eco mediatica? In Tv e sui giornali non si parla molto di voi.

Per forza. Sappiamo bene che non comparire in televisione e sulla stampa rende difficile uscire dall’invisibilità. Per fortuna, essendo molto capillari (l’ha dimostrato il fatto che siamo riusciti a raccogliere le firme) proviamo a utilizzare anche altri strumenti: abbiamo fatto banchetti dappertutto e usiamo tantissimo i social network. Resta il fatto che, parlassero di noi un decimo di quel che fanno con Casa Pound, sarebbe gia una vittoria. Confidiamo nel fatto che, con la par condicio in vigore, dovranno sicuramente intervistarci.