Quando lo Stato è contaminato: gli enti pubblici sciolti per mafia

Secondo una sentenza del 1993 della Corte Costituzionale, gli elementi su cui deve poggiare lo scioglimento di un ente, pubblico o amministrativo, sono innanzitutto i collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o, in alternativa, il condizionamento che la mafia impone agli amministratori. Oltre a ciò, è necessario che il condizionamento porti ad una mancanza di libera determinazione per gli organi elettivi/amministrativi, a un andamento negativo dell’ente locale, a un malfunzionamento dei servizi affidati all’ente, oppure a un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Questo istituto fu introdotto con Decreto Legge il 31 Maggio 1991, aggiungendosi come articolo, chiamato 15 bis, alla legge n.55 del 19 Marzo 1990. Fu in seguito a una faida a Taurianova che nacque, appunto, il primo provvedimento antimafia atto a sciogliere qualsiasi ente con i requisiti precedenti.
Proprio grazie a questo, il 22 novembre scorso sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa cinque comuni italiani, tutti e cinque in Calabria. Interessante è la storia del Comune di Lamezia Terme, perché questa è già la terza volta che viene sottoposto a questa misura.
Dal 1991, in Italia, sono almeno dieci i comuni sciolti per mafia almeno tre volte. In provincia di Palermo, troviamo Misilmeri; in provincia di Reggio Calabria, Melito di Porta del Salvo, Roccaforte del Greco, San Ferdinando, Taurianova, Lamezia Terme; in Provincia di Caserta annoveriamo Casapenna, S.Cipriano d’Aversa, Grazzinese, e, infine, Casal di Principe, quest’ ultimo col record di nove volte. Da gennaio 2017 sono vento i Comuni commissariati per mano del Presidente della Repubblica: quattro in Campania, uno in Puglia, due in Sicilia, dodici in Calabria e uno in Liguria, Lavagna.
Sono invece duecentonovanta i comuni sciolti per infiltrazione mafiosa dal 1991, ma venticinque di questi sono stati annullati per ricorso. Soltanto un capoluogo di provincia è stato coinvolto: Reggio Calabria. D’altronde, i comuni sciolti nel territorio calabrese negli ultimi quattro anni sono raddoppiati, passando da 4,7 a 8,2 all’anno. Tre regioni, Calabria, Campania, Sicilia si portano a casa il 96,49 % dei Decreti Presidenziali. Il più piccolo Consiglio Comunale sciolto è San Procopio in provincia di Reggio Calabria, con 617 abitanti.
Quattro, invece, sono le Aziende Sanitarie sciolte dall’entrata in vigore dal Decreto: Pomigliano d’Arco, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Locri. Solo uno è il consiglio municipale caduto per mafia, il decimo municipio di Roma, Ostia.
Sapendo che i decreti si dividono in tre momenti dell’anno, i prossimi, pensando in negativo, dovrebbero essere tra marzo e aprile 2018.
Per quanto possa essere piccolo un ente pubblico sciolto per mafia, esso rappresenta il vero volto di questo paese.