Riforma: perché NO? Stato, Regioni e Province

Perché non va bene?
Le Province non avranno più «copertura costituzionale», ma questo non significa che non esisteranno più: trasformate da un paio d’anni in enti amministrativi di secondo livello (non più eletti direttamente), la schermata-2016-09-16-alle-10-52-25loro esistenza ora dipenderà soltanto dalla legge ordinaria. Costituzionalmente, la Repubblica italiana sarà costituita «dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».
Fattore fondamentale della riforma sta nel rapporto fra Stato e Regioni, riguardo a cui viene abolita la «legislazione concorrente», frutto della riforma del Titolo V (2001), ossia le materie di competenza di entrambi. Lo Stato si riappropria di molte materie: ordinamento della comunicazione, grandi reti di trasporto e di navigazione, tutela della salute e altre.
Una novità è la cosiddetta «clausola di supremazia statale», grazie a cui (su proposta del Governo) la legge statale può occuparsi anche di materie di cui le Regioni avrebbero competenza esclusiva.
Viene quindi abbandonato il tanto amato progetto federalista a favore di un accentramento che espande il ruolo del legislatore nazionale e pure del governo, tramite la cosiddetta «clausola di supremazia statale», il quale può – ai fini dell’unità giuridica ed economica o dell’interesse della nazione – far intervenire la legislazione statale anche in materie di competenza esclusiva delle Regioni. Antonio D’Atena, in La specialità regionale tra deroga e omologazione (in Rivista Aic 1/2016), ha definito ciò una «clausola-vampiro», perché permetterà allo Stato, con le motivazioni tutt’altro che oggettive già citate, di prendersi anche competenze che in teoria non gli spettano.
Quel che pare prevedibile è la quantità di ricorsi alla Corte costituzionale, la quale si vedrà attribuito un potere rilevante nella separazione delle competenze fra Stato e Regioni.
Le Regioni a Statuto speciale, grazie a una clausola di salvaguardia dell’autonomia della regione speciale, sono escluse momentaneamente dagli effetti della riforma, argomento che sarà affidato a successivi statuti.
L’indebolimento delle regioni, come spiega la costituzionalista Alessandra Algostino in Io dico NO (GruppoAbele edizioni), «comporta il venir meno di un altro contrappeso, di un altro elemento di separazione, questa volta in senso verticale, dei poteri, ovvero un altro tassello in un disegno accentratore».