Rise Up 4 Climate Justice: i territori al centro del cambiamento.

Le elezioni sono in dirittura d’arrivo. A questo giro, uno dei temi di confronto, più a cuore fra giovani e territori, è quello del cambiamento climatico. Ma come districarsi tra le varie posizioni? Le soluzioni che si propongono sono valide e concrete? Per rispondere a questa domanda abbiamo deciso di intervistare Andrea Berta, attivista di Rise Up 4 Climate Justice, movimento politico italiano che promuove la giustizia climatica.

Prima di tutto, chi siete? Quando siete nati e quali obiettivi politici vi muovono?

Siamo un gruppo di attivisti nato nel settembre del 2020, in concomitanza del secondo Venice Climate Camp. In Rise Up 4 Climate Justice arriviamo tutti da percorsi e città differenti, ma ci siamo ritrovati uniti sotto la bandiera del cambiamento climatico. Abbiamo anche stilato 10 obiettivi che compongono il nostro manifesto. Crediamo fortemente che la politica debba tenere conto dello sfruttamento perpetrato a danno dell’ambiente e delle classi meno agiate, sia qui, in Italia, che nel mondo. Spesso chi è in una condizione disagiata o sulla soglia della povertà si ritrova a dover pagare i danni di scelte scellerate, perpetrate dalla politica e dalle aziende private dell’apparato energetico. Riteniamo tutto questo inaccettabile.

Giorgia Meloni, intervistata da Fox News, ha dichiarato che, per affrontare il problema della sicurezza energetica e delle dipendenza italiana dal gas russo, occorre sbloccare le fonti autonome di produzione, che negli ultimi anni sono state bloccate dall’ideologia ambientalista. Non temete che, con l’ascesa del centrodestra, si possa generare in Italia un clima politico radicalmente anti-ambietalista?

Il tema è posto male. La Meloni dice che bisognerebbe sbloccare le fonti autonome, quando spesso le scelte in questo settore sono frutto di accordi fra una politica, che spesso non guarda al di là dei propri cinque anni di mandato, e un ambiente privato, che controlla il settore energetico, che vive all’interno di un sistema schizofrenico, in cui il prezzo dell’energia è modulato anche in base alla speculazione finanziaria. Piuttosto sono le comunità di un territorio a conoscere i propri fabbisogni energetici e i problemi in termini di dissesto idrogeologico. Dovrebbero essere le associazioni territoriali e i cittadini responsabili, attraverso un processo democratico, a poter portare alla luce i veri temi ambientali. Un meccanismo come quello odierno, in cui si privatizzano i profitti, ma che lascia fuori dal proprio sistema i diritti delle persone, dei lavoratori e dei cittadini, non dovrebbe essere al centro dell’agenda politica.

Guardando allo scenario politico attuale, si possono individuare forze politiche che vogliono proporre un’agenda sociale e ambientale, che adoperano frequentemente espressioni quali “transizione ecologica” e “giustizia sociale”. Penso ai Verdi, alleati con la Sinistra Italiana, ma anche e soprattutto al Movimento 5 Stelle, che è nato sviluppando proprio il tema ambientale. Qual è il vostro rapporto con questi soggetti politici? Li ritenete degni interlocutori? Sono credibili nella loro azione riformatrice?

Come detto prima, le problematiche ambientali sono interconnesse, ma, soprattutto, sono dovute al fatto che il nostro sistema produttivo non mette tra le proprie priorità i diritti. Dato che nessuno dei partiti tocca in maniera precisa questo punto, per noi di Rise Up 4 Climate Change la politica rimane un po’ distante. Sicuramente non tutte le proposte sono da cestinare, ma a monte c’è un problema: abbiamo sempre meno tempo.

Infine, ogni partito ha un’idea differente sulle fonti alternative. Ritenete che, con le odierne tecnologie, il nucleare possa soddisfare le richieste di energia dell’Europa?

No, non costituisce una valida opzione. Il tempo a disposizione, infatti, è davvero poco e l’energia nucleare, allo stato attuale delle cose, necessita decenni. La politica italiana, poi, non si è mai distinta per costanza nelle grandi opere infrastrutturali, specie in quelle a salvaguardia del nostro territorio. La nostra paura, dunque, è che, anche in questo caso, la politica si faccia influenzare dai grandi privati, titolari di un potere economico superiore a quello di molti Stati. Noi di Rise Up 4 Climate Justice, invece, anzichè assecondare questo preoccupante disequilibrio, preferiamo sensibilizzare le persone a noi vicine, per incoraggiare ciascun individuo a diventare parte proattiva di un cambiamento energetico.