Franco Velonà, una vita per il nucleare, spiega perché non dobbiamo avere paura

Franco Velonà è un ingegnere che si è da sempre occupato di nucleare. Laureato nel lontano 1954 all’Università degli Studi Federico II di Napoli, si è distinto negli studi, superando anche test di selezione molto severi per l’accesso a dottorati e concorsi. Nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera, ha ricevuto, prima, un incarico di responsabilità per l’avviamento della Centrale nucleare del Garigliano, in Campania, e, poi, al nord, nella Centrale di Trino Vercellese. Ora vive a Roma, dove per decenni è stato vicino di casa di Piero Angela, di cui era grande amico, tant’è che un mese fa ha ricevuto personalmente molti messaggi di condoglianze.

Franco ha novantatré anni, ma sembra non saperlo, spende molte parole sul futuro, energetico e non solo, del nostro Paese ed è difficile “trattenerlo” in due domande.

Raggiungere le emissioni zero con l’energia nucleare

Tutte le forze politiche di centro, centrosinistra e destra spingono attivamente, in campagna elettorale, per la reintroduzione di un mix energetico, con lo scopo di raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Il nucleare può essere applicato in questa strategia?

La risposta è sì. Da quando ho finito gli studi auspico una strategia per l’energia che veda il nucleare accanto alle rinnovabili. Adesso i rischi derivanti da centrali grosse, possono essere ridotti, costruendo centrali più piccole, ma con gli stessi livelli di sicurezza, come sta succedendo in Corea del Sud, ad esempio.

Negli Emirati Arabi (grandi esportatori di petrolio) hanno compreso cosa significhi dipendere dal combustibile fossile, quindi stanno costruendo la Centrale nucleare di Barakah, con quattro unità equipaggiate con reattori ad acqua in pressione, sempre di progettazione coreana. Naturalmente centrali più piccole comportano più costi, perché hanno bisogno di più impianti di sicurezza, delle piscine di raffreddamento. Ma, alla fine, i costi saranno ripagati in termini di energia, indipendenza energetica, qualità della vita.

Molti politici parlano di nucleare, senza sapere quello che stanno dicendo, ma di qualcuno mi fido: il più preparato che conosco è il professor Giuseppe Zollino, candidato di Azione in Piemonte, già membro del segretariato della Commissione Parlamentare Industria, Ricerca ed Energia (ITRE), ora professore esperto di energia nucleare all’Università di Padova.

Il rischio nucleare

Il nucleare sconta da sempre l’opposizione degli ambientalisti che, evidenziando il problema delle scorie nucleari, oltre al rischio di gravi incidenti, sono riusciti a vincere i referendum del 1987 e del 2011. Disponendo della tecnologia esistente, il rischio ambientale permane?

Il rischio troppo enfatizzato del problema dei rifiuti radioattivi è stato abbastanza risolto. In decenni, infatti, non si sono mai verificati incidenti riguardo le scorie radioattive. Basta metterle in caverne apposite, come fanno gli svedesi. Più di 500 reattori in funzione e non ci sono stati problemi con le scorie. Vediamo anche come stanno resistendo le centrali in Ucraina ai bombardamenti. Questo perché il volume delle scorie di Uranio è ridottissimo rispetto ai rifiuti derivanti da combustibile fossile.

Il referendum del 1987, poi, fu fatto sull’onda emotiva di Chernobyl, ma quell’incidente fu un errore umano, favorito dalla dittatura. Per farsi bello col Partito, un incompetente pensò bene di saltare dei controlli di sicurezza e di modificare il sistema di raffreddamento, non più col diesel, ma direttamente con le pompe, cosa cui nessuno pensò mai perché è rischiosa e stupida. Fukushima, invece, nel 2011 fu il risultato del sommarsi di due catastrofi: uno dei terremoti più gravi della storia, seguito da un’onda anomala mai registrata prima, che riuscì a superare il “muretto”, che era stato costruito sulla base di un millennio di studi dei movimenti marini. Come si vede, i rischi sono enfatizzati e se non ci stacchiamo dal combustibile fossile le catastrofi “naturali” saranno sempre più frequenti.