Il ruolo dei colori nella nostra vita

«Che colore preferisci?» è una domanda frequente, a volte una delle prime che viene spontaneo fare per entrare in confidenza e, spesso, dalla risposta si tende già a trarre qualche conclusione; in fondo, che sia consapevole o meno, ogni sfumatura comunica al nostro cervello molto più di una semplice immagine.
Siamo abituati a ragionare per simboli e tra i più semplici ci sono proprio i colori: che si voglia dare retta alle teorie psicologiche o meno, tutti tendiamo a fare delle associazioni automatiche: verde=natura, tranquillità, nero=notte, bianco=purezza… La lista continuerebbe a lungo. Per averne la conferma, basta osservare la segnaletica: i cartelli stradali che avvertono dei pericoli o di fermarsi hanno tutti un bordo rosso, un colore che, oltre ad essere ben visibile nel paesaggio urbano, ci mette in allerta.
Si tratta di semplice patrimonio dell’esperienza: rosso è il fuoco, il sangue, ci scuote perché lo mettiamo in relazione con le esperienze che ci ricorda. Tutto ciò non è sfuggito agli psicologi del lavoro, dato che nelle aziende strumenti o attrezzature pericolose e zone poco sicure sono segnalate con pannelli di questo colore. Allo stesso modo verde e blu, colori che si trovano negli ambienti incontaminati, rilassano, danno sicurezza, e ricorrono nei segnali di via libera (semafori, uscite di sicurezza).
Non si tratta di una convenzione solamente umana: pensiamo ai serpenti tropicali. Per quanto pericolosi, non si può negare che affascinino con le tinte rosso/gialle che hanno, e non si tratta certo del caso, ma di una segnalazione precisa che l’animale trasmette ai suoi predatori: «Sono pericoloso, non vi avvicinate». Lo stesso si può applicare a varie specie che producono tossine anche letali: la vedova nera ha corpo scuro con una macchia rossa, gli anemoni di mare, urticanti, hanno tinte vivaci, la rana pomodoro, che produce una tossina urticante, prende il nome dalla colorazione simile al frutto. Questo comportamento è conociuto come aposematismo, ovvero l’uso di particolari linguaggi visivi per trasmettere un messaggio di allerta. I primi a presentare questa teoria sulle colorazioni degli animali, fino ad allora ritenute casuali, furono degli studiosi ottocenteschi, che non ottennero però largo seguito. La base che li portò a formulare l’idea fu una semplice osservazione: le colorazioni giallo-nero e rosso/nero erano riprese da specie completamente diverse, seppure entrambe pericolose: pensiamo alle api e alle salamandre.
Si potrebbe obiettare che alcuni animali non distinguono varie sfumature, come ad esempio i cani, ma questo non è un grosso problema: mettere a contrasto colori chiari e scuri, come appunto il giallo e il nero, rende il messaggio efficace allo stesso modo, anche se l’occhio è meno recettivo. In alcuni casi, per un certo tipo di gastropodi marini, anche l’azzurro viene utilizzato con questa funzione, perché è un colore che si distingue più facilmente sott’acqua, dato che le altre lunghezze d’onda non penetrano oltre una certa profondità.