Salvini sfida Conte, ma ha la pistola scarica

Sono state giornate di fuoco per l’ormai ex Governo Conte. Spinto dai sondaggi a lui favorevoli Salvini ha deciso di dar vita alla crisi di governo, una crisi inaspettata non per quanto riguarda la crisi in sé, ma per quanto concerne i tempi. Infatti, come ha ricordato Conte nel discorso tenutosi ieri in Senato le tempistiche di questa crisi mettono a rischio i conti pubblici, cancellano le riforme che erano in via di essere completate e ci rendono deboli per quanto riguarda le nomine a livello europeo. Un discorso duro, ma ben argomentato quello di Conte che per questi motivi ha definito Salvini un politico «irresponsabile che ha deciso di seguire interessi di partito e personali piuttosto che gli interessi del paese».

Conte ha poi voluto spazzare via la narrazione del governo dei NO, così definito ultimamente dai leghisti. Con argomentazioni alla mano, ha elencato gli innumerevoli provvedimenti fatti e in corso di approvazione, oltre che i molteplici cantieri sbloccati, punto cardine della critica leghista soprattutto contro il Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

L’ormai ex Presidente del Consiglio ha parlato anche della possibilità di ritorno al voto, sale della democrazia, ma ha poi aggiunto che è irresponsabile chiedere ai cittadini di votare ogni anno. Ha parlato di preoccupazione per le dichiarazioni di Salvini che ha chiesto «pieni poteri» e gli ha ricordato che: «Non abbiamo bisogno di persone e uomini con pieni poteri, ma che abbiano cultura istituzionale e senso di responsabilità». In seguito, ha sferrato un attacco concernente l’utilizzo di simboli religiosi, richiamando al rispetto delle diverse fedi e del principio di laicità dello Stato italiano.

Conte, nella seconda parte del discorso, pur rammaricandosi della conclusa esperienza di governo, di cui afferma di non rinnegare nulla di quanto fatto,
elenca una lunga serie di riforme politiche che devono essere messe ancora in atto per il benessere e lo sviluppo del paese. Quelli stilati da Conte sono chiaramente progetti politici di sinistra cari sia al Movimento 5 Stelle che al Partito Democratico; risulta, quindi, lampante, il rendersi disponibile al dialogo per un eventuale Conte-bis retto da M5S e PD.

La replica di Salvini è venuta immediatamente dopo e ognuno se ne farà una sua opinione, ma a chi scrive appare tragicamente debole. Senza quasi considerare le argomentazioni di Conte ha rinnovato la critica al governo dei «NO», riuscendo a prendere come unico esempio fattuale la TAV (su cui era nota da tempo la ferma contrarietà dei 5 stelle). In uno slancio emozionale ha richiamato il «cuore immacolato di Maria» e ha criticato Conte, secondo lui reo di aver fatto un discorso basato unicamente su insulti, poi rimproverandolo di non averlo criticato prima, non tenendo in considerazione il discorso di Conte in cui dice di averlo redarguito in privato e svariate volte.

Alla fine del discorso, dopo aver pronunciato: «Rifarei tutto uguale», quasi una marcia indietro, poi concretatasi più tardi con il ritiro della sfiducia. Conte, nelle risposte finali, praticamente ha dato a Salvini del codardo per il ritiro della sfiducia (ma in modo più soft e garbato) e gli ha detto: «Se tu non hai il coraggio delle tue azioni, me ne prendo io la responsabilità». Dopodiché è andato dal presidente della Repubblica a rassegnare le dimissioni.

Finisce così la più pazza crisi di governo della storia, con un uomo che dal voler andare da solo al comando finisce col rischiare l’opposizione per anni e l’erosione dei consensi.