Scuola: i tanti nodi che la Azzolina deve sciogliere

Dopo il caso Bonafede, finito con la bocciatura della mozione di sfiducia presentata dal centrodestra, un altro Ministro in quota Cinque Stelle, volente o nolente, ha preso il centro della scena politica. Stiamo parlando di Lucia Azzolina, subentrata in punta di piedi a Lorenzo Fioramonti, dimessosi dopo aver appurato che, con la legge di bilancio di fine 2019, non avrebbe avuto accesso alla quantità di fondi da lui richiesti in quanto titolare del MIUR.

In quel momento Conte ha deciso di separare le funzioni: da una parte l’Università e la Ricerca  sono state affidate a Manfredi, che è arrivato direttamente dalla Presidenza deila Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), dall’altra l’Istruzione ad Azzolina, già Sottosegretario al medesimo ministero e con un passato nel mondo della scuola. Questa emergenza dovuta alla Covid-19 ha visto sulle prime pagine un po’ tutti, ma i riflettori si sono puntati in particolare sulla gestione scolastica. Se il primo è riuscito a far passare il suo silenzio dietro alla maggior autonomia che hanno i singoli atenei, con i singoli Rettori che possono prendere decisioni ben più importanti dei Presidi, la seconda si è trovata a gestire una serie di problemi che si trascinano da tempo.

Nell’immediato c’era la questione maturità, con molte critiche per le comunicazioni arrivate con il contagocce: sono compresibili, ma la situazione di emergenza ha reso difficile avere un’eventuale data di rientro. Da qui, lo slittamento delle decisioni definitive e gli inevitabili disagi che ciò ha comportato. Ben più importanti sono altri capitoli aperti, a partire dal concorso per i professori, che si doveva tenere a luglio e che è stato un tema su cui Conte ha dovuto mediare tra i due principali partiti di Governo. Il Movimento, insieme ai nuovi candidati per entrare nel corpo docente, sosteneva di voler effettuare il concorso nonostante l’emergenza, anche se in via semplificata e telematica vista la situazione, mentre il PD, insieme ai docenti precari, proponeva di stilare la famosa graduatoria in base ai titoli posseduti dai candidati, evitando quindi il concorso.

Il compromesso raggiunto ha accontentato i partiti ma scontentato gli stessi insegnanti. Alla fine il concorso ci sarà, ma a fine estate, con il rischio che all’inizio dell’anno scolastico, come sempre accaduto negli ultimi anni, avremo ancora molte cattedre da assegnare e molte classi resteranno scoperte. Chi voleva iscriversi al concorso non l’ha presa bene: sotto il post facebook di Vito Crimi, attuale Capo Politico ad interim del Movimento, che prendeva le difese di Azzolina e criticava l’ostruzionismo delle opposizioni, troviamo commenti come «La sua ministra ha rubato voti ai precari, adesso chiediamo il conto: dimissioni!» oppure «Sei tu irresponsabile ad aver dato ragione a quella ministra che ha tradito le sue promesse ed il programma elettorale», tralasciandone anche di ben più coloriti.

Altro problema non di poco conto, collegato strettamente al numero di docenti, è quello delle cosiddette classi pollaio: è stato uno dei cavalli di battaglia del Movimento negli scorsi anni e le norme di distanziamento dovute all’emergenza hanno accelerato la discussione. L’incognita però, oltre al numero di insegnanti, è lo spazio fisico e, viste le condizioni attuali dell’edilizia scolastica, viene difficile pensare di riuscire a investire addirittura in nuove strutture.

Visto il momento e gli attriti della maggioranza, che hanno prodotto un decreto votato all’ultimo giorno utile e pubblicato in Gazzetta Ufficiale a tempo quasi scaduto, le premesse non sono le migliori. A settembre però, con barriere di plexiglass o meno, le scuole dovranno riaprire per assolvere al loro compito e le soluzioni vanno trovate il prima possibile.