«Il Sole 24 Ore» in crisi, ovvero come far fallire un quotidiano

Nessuno si immaginava una caduta così rovinosa e, apparentemente, improvvisa. Il Sole 24 Ore, uno dei giornali economici più importanti d’Italia, ha segnato la bancarotta, paventando ingenti perdite di cui nessuno era a conoscenza.
In questi giorni il direttore Roberto Napoletano, in carica dal 2011, è stato sfiduciato dal comitato di redazione e ora è stato nominato un nuovo consiglio d’amministrazione che avrà l’onore e l’onere di rimettere in sesto la baracca.

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Quale sarà la ricetta per ripristinare il giornale? Un aumento di capitale di almeno 50 o 100 milioni.
La perplessità che aleggia nell’aria è comprensibile e porta con sé lo sgomento per la gestione degli ultimi anni, che sembra essere stata talmente sconsiderata da essere al di fuori dell’arco delle cose possibili.
Infatti la Procura di Milano ha dato inizio ad un’inchiesta per falso in bilancio e aggiotaggio con il fine di riuscire a fare chiarezza sui fatti che hanno portato alla crisi odierna del Sole.
La preoccupazione deriva soprattutto per il prestigio e la quasi unicità del giornale in questione.
Ora la testata è quotata in borsa come controllata di Confindustria dal 6 dicembre del 2007 e vanta in tutto la bellezza di 1.200 dipendenti, dei quali 200 giornalisti.
La situazione del giornale inoltre porta con sé numerose contraddizioni e probabilmente sono state proprio queste discrepanze che hanno trascinato il Sole 24 Ore in un vortice di problemi dal quale sarà difficile uscire.
In primis la linea innovativa del giornale non sembra lineare e forse questo potrebbe aver contribuito al calo delle vendite: infatti sebbene la testata abbia investito nella creazione del mensile «IL» e nella versione digitale del giornale, il Sole resta pressoché l’unico a utilizzare ancora il broadsheet, ovvero il cosiddetto «formato lenzuolo», il più grande tra i formati di stampa.
Il nuovo presidente del Sole, eletto il 14 novembre scorso, è Giorgio Fossa, ex presidente di Confindustria, che nel 1998 con Fabio Fazio e Fabrizio Zago fa nascere il canale «Salute & Benessere», che viene poi comprato nel 2000 per il 49% dal Sole 24 Ore proprio nel periodo in cui Fossa è presidente di Confindustria.
L’investimento non si rivela un grande affare e infatti dei 4 miliardi di lire investiti, ne vengono svalutati nell’immediato 3,2.
Un’altra questione poco chiara per quanto riguarda il Sole 24 Ore è quella degli abbonamenti digitali.
La testata ha venduto questi abbonamenti alla società inglese Di Source, controllata della società schermo Bedford Nominees, della quale non si hanno informazioni certe.
Tuttavia il denaro che Di Source pagava al Sole per gli abbonamenti in realtà tornava indietro attraverso un giro di fatture, e questo sembra indicare che le cose non siano molto chiare anche se tutto ciò è ancora da dimostrare e aspetta di essere passato al vaglio dalla procura.
Infatti pochi anni fa, secondo i resoconti, il Sole 24 Ore era l’unico giornale d’Italia che riusciva ad aumentare le copie vendute, vantando a marzo 2014 un totale di 362.377 copie con una crescita di 100.716 copie.
Purtroppo a quanto sembra i dati erano alterati dal fatto che in quel periodo nei dati di fatturato non erano conteggiati gli abbonamenti digitali.
Invece negli anni successivi in cui venivano contatti anche gli abbonamenti digitali, i dati forniti sono stati gonfiati dal fatto che più di 50 mila abbonamenti erano in realtà abbonamenti cartacei abbinati al digitale, e su questi il Sole vi guadagnava solo con un piccolo sovrapprezzo.
La situazione al momento sembra nebulosa e, sebbene molti accadimenti siano ancora da accertare, l’unica cosa certa è che il giornale non vive un momento roseo; ora tocca al nuovo cda decidere sul da farsi.