Spermatozoi e ovociti invecchiano, ma poco dopo la fecondazione avviene un reset

Le cellule invecchiano con il passare del tempo: com’è possibile, dunque, che l’embrione nasca in uno stato di giovinezza assoluta, senza portarsi dietro i danni del tempo avvenuti sui genitori? Questo è uno dei grandi misteri della vita a cui la scienza sta cercando da anni di dare una risposta. Una svolta nella ricerca a tale proposito è stata fornita dai risultati di uno studio pubblicato recentemente su Science Advances (C. Kerepesi et al., «Epigenetic clocks reveal a rejuvenation event during embryogenesis followed by aging», 2021, vol. 7, no. 6, Science Advances).

Per lungo tempo, la teoria più accreditata sull’argomento ha sostenuto che le cellule germinali non invecchiassero. Le cellule germinali sono, per uomo e donna rispettivamente, gli spermatozoi e gli ovociti: proprio dall’unione di queste due cellule e la fusione dei loro patrimoni genetici si crea il prodotto della fecondazione, cioè l’embrione, che possiede un corredo genetico diploide. Esso, successivamente, nel giro di qualche giorno, migra dalla tuba all’utero, dove si impianta per formare la placenta e iniziare a crescere.

È stato successivamente scoperto che, essendo metabolicamente attive, le cellule germinali sono in realtà soggette a invecchiamento e, come qualsiasi altra cellula, accumulano danni e cambiamenti nel corso del tempo; tuttavia, se le cose stessero semplicemente così, le cellule del nascituro inizierebbero a invecchiare partendo da un’età molto maggiore dello zero: in tal modo, l’intera specie umana invecchierebbe inesorabilmente di generazione in generazione e non sarebbe possibile la crescita e il mantenimento della specie stessa.

Lo studio rivoluzionario pubblicato qualche settimana fa ha dimostrato un fatto sorprendente, che costituisce allo stesso tempo una semplicissima soluzione al problema in questione: l’orologio biologico che segna l’età delle cellule viene resettato poco dopo la fecondazione. In particolare, avviene una sorta di riprogrammazione di tipo epigenetico con un ringiovanimento delle cellule nelle fasi immediatamente successive all’impianto dell’embrione sulla parete uterina. Secondo gli autori dello studio, quel momento, rinominato ground zero, segna l’inizio dell’invecchiamento del nuovo individuo.

Si sa, ovviamente, ancora poco degli esatti meccanismi preposti a questo affascinante fenomeno: esso è accompagnato da altri processi, come la metilazione e demetilazione del DNA, l’allungamento dei telomeri e la transizione all’espressione di geni tipicamente embrionali. Inoltre, si associa a diminuzione nel danno molecolare accumulato dalle cellule germinali e altri danneggiamenti correlati al tempo che si sono verificati durante la vita del genitore.

Questa scoperta sancisce definitivamente l’ipotesi di un effettivo invecchiamento delle cellule germinali, avvenimento che viene controbilanciato da un reset dell’orologio di aging cellulare nel nuovo individuo. Il momento di inizio del vero e proprio invecchiamento resta oggetto di discussione e non è stato del tutto chiarito: lo studio propone appunto che esso inizi subito dopo il ground zero, molto precocemente nella vita intrauterina. Inoltre, è necessario approfondire gli meccanismi di ringiovanimento in quanto potrebbero essere sfruttati in nuove terapie: se fosse possibile replicare il fenomeno a livello delle cellule somatiche, in modo da ringiovanirle, si potrebbero risolvere danni età-correlati. Ovviamente, tale possibilità è molto remota al momento: tuttavia, questa sorprendente scoperta rivoluziona il nostro modo di vedere l’invecchiamento cellulare.