I 5 stelle devono decidere da che parte stare

C’era la destra, c’era la sinistra, c’era persino il centro, ma loro no, non appartenevano ad alcuna delle suddette categorie. Probabilmente, se mai qualcuno partorisse la malsana idea (quale bambino dormirebbe dopo?) di mettere a punto una fiaba con protagonista il Movimento 5 stelle, questo sarebbe l’incipit, un’introduzione tutt’altro di fantasia, tuttavia. I pentastellati, infatti, su alcuni punti hanno fatto retromarcia, se non hanno proprio cambiato radicalmente direzione (vedi il divieto di accettare inviti in trasmissioni televisive), ma su questo principio sono rimasti saldi e fedeli alle premesse iniziali: le etichette ideologiche non fanno per loro, anzi, sono da mandare in discarica come qualcosa di dismesso e ormai d’impaccio.
Si possono nutrire antipatie e perplessità nei confronti del movimento fondato da Grillo, lo si può ritenere ancora immaturo, talvolta brancolante nel buio, ma la scelta di non accostarsi a nessuno dei vecchi colori politici è una mossa che certamente ha saputo spiazzare i rappresentanti della vecchia partitocrazia e, in generale, tutti gli addetti ai lavori. Ancora oggi, dopo quasi dieci anni dalla nascita di questa forza innovativa e un’intera legislatura in Parlamento, molto spesso esponenti politici e giornalisti tentano di affibbiare al M5S un marchio che si rifà agli storici schieramenti, dicendo tutto e il contrario di tutto: chi li accusa di essere fascisti, chi, al contrario, di rifarsi al pensiero comunista; ancora, si susseguono notizie di alleanze e intese di governo con la Lega Nord, poi con il Pd (ma senza Renzi), addirittura qualcuno li reputa vicini a Casapound. Viene spontaneo invitare coloro che sono colti da quest’ossessione a mettersi l’anima in pace: i 5 stelle considerano sinistra e destra delle fallimentari defunte da seppellire una volta per tutte quando (e se) conquisteranno il governo del Paese.
D’altro canto, non si può dare tutti i torti a chi vede questa scelta come una colossale furbata per accaparrarsi consensi provenienti da ogni dove. Grillo e  i suoi, infatti, dovrebbero finalmente scindere due aspetti: il fatto di rinnegare il rosso e il nero e la posizione sui macrotemi che interessano l’Italia. Se veramente si tratta di rifuggire ideologie che ormai risultano sbiadite e compenetranti, prive di una coerente identità, questo non deve pregiudicare la chiarezza e la nettezza delle proposte e delle scelte messe in atto.
Prendiamo per vera la volontà di fare esclusivamente gli interessi del popolo, senza preoccuparsi del fatto che una soluzione possa apparire di stampo conservatore o riformista: quest’ultima, però, deve risultare precisa e l’intento di attuarla duraturo. L’ambiguità, il tenere il piede in due scarpe, in un primo momento possono attirare voti, ma, a lungo andare, sono sintomo di indecisione, inaffidabilità, talvolta di malafede e raggiro.
Questa è l’ora in cui il candidato alla Presidenza del Consiglio Luigi Di Maio e quanti con lui correranno alle elezioni di marzo devono mettere nero su bianco le loro intenzioni, in primis sulla questione euro e Unione Europea, senza nascondersi dietro giri di parole e smentite: da ciò, gli italiani potranno trarre grande materiale utile alla loro decisione alle urne. Forse, proprio per questo, i pentastellati ancora tentennano e si rifugiano pendendo un po’ di qua e un po’ di là.