Una storia della lotta della Chiesa contro le mafie

Contro i ladri di speranza
Massimo Naro
Edizioni Dehoniane – 2016 – 7,80 euro

Massimo Naro, docente di Teologia sistematica nella Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, a Palermo, con Contro i ladri di speranza cerca di tracciare un ritratto, per rifarci al sottotitolo, di «come la Chiesa resiste alle mafie»: dopo un lungo silenzio, alimentato da un sentimento di antistatalismo e da un ambiguo cristianesimo municipale impastoiato nelle parentele, la Chiesa ha iniziato ad affrontare il problema delle mafie solo negli anni delle stragi e degli omicidi eccellenti, come quelli di don Pino Puglisi, don Peppe Diana e Rosario Livatino. La Chiesa, spiega l?Autore, è rimasta in silenzio perché «si sentiva estranea e persino ostile al processo di unificazione (dell’Italia, ndr), che con le leggi di soppressione gravi colpi aveva inferto al sistema ecclesiastico»: diretta conseguenza di questo, è che la Chiesa «finiva per presumere che i problemi di quello Stato non le appartenessero». Ma poi qualcosa è cambiato; tuttavia, il modo in cui la Chiesa ha combattuto le mafie è stato condizionato dalla retorica «sicilianistica» e dall’appiattimento sul linguaggio tecnico dei magistrati, dei funzionari di polizia e dei giornalisti. Ciò che è mancato è stato un lessico specifico, ricco delle parole del Vangelo e della tradizione cristiana: una lotta alle mafie, insomma, che si è adagiata alla lotta terrena perpetrata da individui e istituzioni laici, mentre forse sarebbe stato meglio che la Chiesa rendesse propri sia lo scopo sia i mezzi con cui raggiungerlo in questa missione. Il risultato è stato inevitabilmente un discorso più descrittivo che profetico, più terreno che spirituale e religioso. Serve, secondo Naro, «un nuovo umanesimo mediterraneo alternativo alla disumanità mafiosa», una concezione dell’uomo diversa – di questo deve occuparsi la Chiesa – per estirpare o almeno contenere più possibile la piaga della criminalità organizzata.