Suffragio universale? Serve consapevolezza

Su Facebook conta quasi 80mila likes la pagina «Abolizione del suffragio universale», in cui in modo più o meno serio si pompa acqua al mulino della tesi secondo cui l’ignorante non può votare. Dopo i tragici fatti di Fermo, ecco il post: «Dal quotidiano “La Stampa”: Simone Mancini, fratello dell’assassino di Fermo Amedeo Mancini, ne parla così: “Tira le noccioline, quando vede un ne*ro, ma lo fa per scherzare perché è un allegrone, ha avuto una vita difficile e a 39 anni non può neppure andare allo stadio: è diffidato”». La conclusione rende giustizia al nome della pagina: «Il suo diritto di voto vale come il tuo».

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Augurandoci che «Abolizione del suffragio universale» sia una provocazione per evidenziare l’ignoranza di certi soggetti italici, è indubbio che faccia parte del coro, a volte molto serio, di coloro che vorrebbero togliere il diritto di voto a coloro che lo esprimono privi della dovuta preparazione in materia. A parte il fatto che, anche volendolo, garantire un suffragio in base alle conoscenze giuridiche e in base all’apertura mentale è semplicemente una follia infattibile; a parte questo è evidente che l’esistenza di movimenti aventi questo scopo evidenzia una falla nel sistema italiano.
In effetti questa lacuna è davanti a noi ogni volta che accendiamo la televisione: il politico di turno, per farsi capire e per convincere il telespettatore, attua una semplificazione deleteria della materia di cui tratta il discorso. Vi proponiamo un esempio preso dai social network: «Il 2 ottobre in Ungheria i cittadini potranno votare un referendum per dire Sì o No all’arrivo di migliaia di immigrati. Questa è Democrazia! Altro che boldrinate…!» (Matteo Salvini, 6 luglio). La semplificazione si trova nella conclusione che sottintende che anche in Italia dovrebbe tenersi un referendum del genere, e se non succede è colpa di Laura Boldrini (e quindi per estensione della sinistra). Questa è, ovviamente, una sciocchezza: nel nostro paese un referendum come questo non sarebbe possibile — per fortuna – nemmeno se Salvini fosse al governo; il problema è che i salviniani non lo sanno, o se lo sono scordato.

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La questione del voto consapevole (dato da un’esistenza civica consapevole) è un circolo vizioso: da una parte è la politica l’unica a poter intervenire per sanare una lacuna così vasta, dall’altra però è la politica a godere degli effetti di questa cittadinanza inconsapevole: se i cittadini avessero i mezzi (e il tempo) per approfondire imparzialmente le questioni, probabilmente Salvini sarebbe il primo a finire nel dimenticatoio, visto che è il primo (di una lunga serie) ad aver fatto della volgarizzazione la propria ragion d’essere politica.