Viaggio negli abissi del pianeta

L’esploratore americano Victor Vescovo,  ex ufficiale di marina specializzato in abissi marini, grazie al suo patrimonio personale e al contributo di miliardari in cerca di emozioni, nel 2018 ha avviato l’ambizioso progetto Five Deeps con l’obiettivo di visitare cinque abissi oceanici entro il 2019. Missione compiuta! Tuttavia, Vescovo non si è fermato ed ha subito avviato il nuovo progetto: l’esplorazione della Challenger Deep, che, per quel che ne sappiamo, è il punto più basso della Fossa delle Marianne. Così ha infine toccato il fondale, stabilendo il nuovo record di profondità, che dal 2012 apparteneva al regista ed esploratore canadese James Cameron.

Di quali profondità stiamo parlando, esattamente? Quanto sono profondi gli abissi dei nostri oceani? Di quanto ci siamo avvicinati al centro della Terra? Il fondo dell’oceano non è tanto diverso dal resto del pianeta: se potessimo togliere tutta l’acqua che ricopre la Terra, scopriremmo un paesaggio familiare, fatto di pianure, montagne e valli profondissime, il risultato (come per le loro versioni di superficie) del costante movimento delle placche che formano la crosta terrestre. Le montagne più alte di questa nuova Terra ancora quasi del tutto inesplorata sono talmente alte che le vediamo anche dalla terraferma: il Guinness dei Primati riporta che la più alta montagna del mondo è il Monte Pico, nelle Azzorre: misura 2351 metri sopra il livello del mare, ma sott’acqua ne nasconde altri 6098.

Ancora più impressionanti, però, sono le valli, i crepacci e gli abissi che punteggiano il fondale oceanico: è qui che, fin dagli anni Sessanta del secolo scorso, si concentra l’attenzione della maggior parte delle esplorazioni sottomarine, spesso condotte con strumenti di misurazione indiretta, dallo scandagli al sonar per mappare la forma del fondale. Il primo batiscafo della storia fu progettato e costruito in Belgio nel 1948 dall’inventore ed esploratore Auguste Piccard, ma fu il modello successivo, nel 1954, il primo veicolo guidato da esseri umani a immergersi negli abissi oceanici toccando la profondità di 4050 metri. Quasi fosse in gara con se stesso, nel 1960 Piccard compì la sua impresa più famosa a bordo della sua nuova creazione, il batiscafo Trieste che lo portò a sfiorare il fondo della Fossa delle Marianne. Da allora questa valle sottomarina al largo delle Filippine è diventata l’Everest degli oceani, quasi un simbolo del fatto che, se è vero che abbiamo ormai esplorato quasi tutte le terre emerse, gli oceani sono ancora un mistero per noi e una frontiera che ci attende.

La Fossa delle Marianne non è che un buco nell’oceano che scende fino a quasi 11 km di profondità, ma una valle sottomarina gigantesca, lunga 2550 km  e larga 69 dalla forma vagamente a banana. Nella porzione meridionale della Fossa si trova una depressione più profonda del resto della valle, battezzata abisso Challenger, dove si trovano i punti più profondi delle Marianne, e quindi della Terra.

Negli ultimi 70 anni il record è stato migliorato di pochi metri alla volta: difficile fare di meglio quando abbiamo già trovato il punto più profondo del pianeta. Oltretutto, le esplorazioni abissali con equipaggio umano sono rischiose e molto costose. Il futuro potrebbe essere nelle esplorazioni telecomandate: è già da qualche anno che spediamo in fondo al mare i cosiddetti UUV, droni e robot armati di telecamere e controllati da remoto, da una nave appoggio in superficie.

All’inizio di marzo 2021 un gruppo di ricerca cinese ha annunciato su Nature di aver fatto scendere un robot proprio nella Fossa delle Marianne, fino a 10900 metri di profondità. La particolarità dell’impresa è che, a differenza dei solitu UUV, si trattava di un robot molle, senza la pesante corazza di metallo che si riteneva indispensabile per proteggere queste macchine dalle enormi pressioni: 100 atmosfere a 10000 metri di profondità!

Si tratta di una soluzione che potrebbe davvero rappresentare il futuro dell’esplorazione oceanica.