Crolla il Morandi e pure la politica italiana

Chi pensa che il crollo del ponte Morandi a Genova sia stato «solo» una tragedia di per sé ha davvero perso il contatto con la realtà. Non volendo negare l’ovvio, ossia la tragedia di decine di famiglie e di una città intera (che è anche, in parte, la città di chi scrive), siamo costretti ad aggiungere disastro a disastro. Il crollo del Morandi ha dato la misura di che razza di popolo siamo. 

Finora di fronte ai disastri salvavamo le apparenze, dando una parvenza di unità contro il dolore e lo sgomento. Oggi invece è cambiato tutto, e anche una tragedia diventa un ottimo pretesto per fare campagna elettorale. Tutti i partiti politici sono coinvolti, nessuno escluso. Il rispetto per i morti è cosa d’altri tempi, la delicatezza con cui parlare di certe cose è démodé, qualunque evento viene risucchiato nella campagna elettorale permanente in cui viviamo da anni. 

Da un parte le sparate di alcuni membri del governo, dall’altra i moralismi parvenue di gran parte dell’opposizione. Sì, esattamente quel Partito Democratico che si dichiara la forza politica più pura dei puristi per antonomasia chiamati 5 Stelle. Stiamo parlando di personaggi che trovano il tempo per criticare Salvini che si concede a un selfie e Di Maio che stringe le mani ai presenti mentre entrambi erano ai funerali di Stato delle vittime del crollo. Questi personaggi sono quasi tutti tra coloro che idolatravano (o continuano a idolatrare) Matteo Renzi, quello che ha posato per un selfie al funerale di Nilde Iotti. Sono sempre questi soggetti ad «attaccare» (si fa per dire, ovviamente) i 5 Stelle che si erano schierati contro una variante al ponte Morandi, variante che 1. Non sarebbe stata pronta prima di anni, 2. Non avrebbe sostituito il viadotto crollato e 3. Se non è stata costruita non è certo per colpa dei 5 Stelle che in zona mai hanno governato neanche in un condominio.

Al sottoscritto pesa dover ripetere sempre le stesse cose, ma in Parlamento abbiamo persone che a scuola sarebbero finite nell’angolo dell’aula con il cappello da asino in testa. Non ascoltano mai e il risultato di questa cecità lo abbiamo visto il 4 marzo 2018. Continuano a pensare di essere superiori a chi ci governa, con la loro sicumera crassa imperano nel nulla cosmico che li rappresenta, e poi si chiedono perché perdono voti a ripetizione. 

L’opposizione ormai è divisa in due parti: abbiamo Forza Italia che ormai conta quanto un Andrea Romano a un convegno di neurolinguistica e i dem che annegano nella loro stessa insulsaggine. Questo, come ripeto da mesi, dovrebbe preoccupare tutti gli elettori: i sostenitori del governo non possono compiacersi dell’assenza di un’opposizione, la cui dialettica con la maggioranza è il sale della democrazia, e gli elettori dem oltre a disperare dovrebbero anche porsi qualche domanda: a chi hanno dato in mano il partito?

Sullo sfondo del ponte Morandi crollato si celebra, finalmente senza ipocrisie, il requiem di una Repubblica. Quando la tragedia divide e genera avvoltoi, è tutto finito. Il Salvimaio, se questa è la situazione, durerà altri cent’anni e saranno in pochi a gioirne. Una prece.