Emergenza sanitaria: terreno fertile per speculatori e criminali

La crisi può essere colta come un’opportunità. Gli uomini e le donne d’affari ne sono ben consci e si sono lasciati guidare da questa massima anche nel corso della crisi che stiamo attraversando, la pandemia da Covid-19 che sta facendo soffrire la popolazione mondiale, ma di certo non i più altolocati, almeno dal punto di vista finanziario.
Infatti, mentre i più umili fronteggiano i danni economici conseguenti alle restrizioni e alle chiusure, gli Zio Paperone sono impegnati a conteggiare i profitti in rialzo. Solo negli Stati Uniti, dal 18 marzo al 15 settembre la ricchezza di 643 persone è cresciuta complessivamente di 845 miliardi di dollari.

Vediamo ora alcuni esempi di come l’opulenza dei pochi è lievitata grazie all’emergenza sanitaria attuale, più o meno legalmente.

È notizia di questa settimana che l’impresa farmaceutica statunitense Pfizer ha messo a punto un vaccino in grado di prevenire l’infezione da Covid-19 con un’efficacia sbalorditiva che si attesta al 90%. L’annuncio in questione ha sortito un effetto istantaneo sull’andamento in borsa dell’azienda, gonfiandolo significativamente. Il giorno stesso, l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, ha venduto 132.508 azioni della società farmaceutica, per un valore di 5,56 milioni di dollari.

Pfizer ha reso noto che la vendita faceva parte di una piano di trading preannunciato, adottato da Bourla il 19 agosto 2020. Tuttavia, questa circostanza appare quantomeno come una curiosa coincidenza. Quel che è certo è che la mossa dell’AD, astuta dal punto di vista del suo tornaconto, non lascia intravedere rosee prospettive sul fronte del futuro di questo vaccino. Infatti, se Bourla credesse fermamente nella sua efficacia, avrebbe atteso un po’ più di tempo prima di mettere in vendita quelle azioni, prevedendone una crescita. Al contrario, ha preferito approfittare della bolla creatasi. In effetti, almeno nell’immediato, questo businessman sembra averci visto giusto. Secondo le informazioni consegnate alla Sec, l’autorità di controllo di Wall Street, Bourla ha venduto le sue azioni al prezzo di 41,94 dollari. Pochi giorni dopo, il titolo di Pfizer ha perso l’1,67% a 38,03 dollari.

Considerando la situazione nostrana, è da attenzionare ciò che nello scorso luglio è stato comunicato dall’Anac. L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha infatti rilevato che la gestione del Coronavirus ha condotto a un’abnorme lievitazione dei prezzi dei dispositivi di protezione individuale in confronto a quelli del periodo antecedente all’emergenza e a una significativa variabilità degli stessi sul territorio nazionale. Inoltre, Anac ha messo in evidenza uno scostamento nella qualità e quantità delle forniture rispetto alle caratteristiche richieste. «L’emergenza ha determinato, com’era prevedibile, un impatto molto rilevante sulla finanza pubblica», riporta nella sua relazione di fine mandato l’Autorità anticorruzione. «A questo dato, legato in parte alle naturali dinamiche del mercato connesse all’accaparramento di tali prodotti sullo scenario internazionale, non possono ritenersi estranei comportamenti speculativi e predatori da parte di soggetti variamente posizionati lungo la catena di fornitura, come già emerso da svariate indagini della magistratura». Emblematica è, tra le tante, l’indagine per riciclaggio ed evasione fiscale che ha reso tristemente protagonista l’ex Presidente della Camera Irene Pivetti.

Anche le mafie non sono restate a guardare, al cospetto di una così ghiotta occasione come quella rappresentata da un’emergenza sanitaria. Il loro giro d’affari tradizionale, costituito perlopiù dal traffico di droga, è continuato con degli espedienti adattati all’attualità. L’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sui rischi di infiltrazione della criminalità nel tessuto sociale ed economico nell’epoca post coronavirus, infatti, ha segnalato che gli stupefacenti sono ora trasportati in contenitori sanitari, per aggirare più efficacemente i controlli. Le organizzazioni di stampo mafioso vanno però ben più in profondità nel disagio scaturito dalla crisi vigente. I crediti deteriorati delle imprese che gravano sugli assetti bancari rappresentano il «gate d’ingresso più pericoloso nell’economia da parte della criminalità organizzata», tuona il suddetto organismo. Un pericolo che, se era già presente prima della pandemia, «aumenta oggi in modo esponenziale».