Fendi alla Fontana di Trevi: se il MiBact non c’è

Il 7 luglio, in occasione del suo novantesimo anniversario, la casa di moda Fendi ha organizzato una sfilata scegliendo come location la Fontana di Trevi a Roma. Fu proprio nella capitale, in via del Plebiscito, che nel 1926 Edoardo Fendi e Adele Casagrande aprirono la loro prima pellicceria. Per celebrare questi novant’anni di successi, Fendi ha allestito un défilé del tutto originale. Ben 40 modelle, tra cui la famosa Kendall Jenner, hanno indossato la collezione del prossimo autunno/inverno sfilando su una passerella in plexiglass che sormontava le acque della fontana. La collezione, disegnata dal creative director Karl Lagerfeld, si intitola Legends and Fairytales (lett. «Leggende e Favole») e presenta motivi floreali, ricami e trasparenze.

Sfilata-Fendi-Fontana-di-Trevi

I motivi della scelta della Fontana di Trevi quale sfondo dell’evento sono da ricondurre, oltre al forte legame con Roma, anche – e soprattutto – alla campagna di supporto culturale Fendi for Fountains promossa dalla casa di moda. Lo scopo del progetto è il finanziamento di interventi di restauro per due tra le più famose fontane della capitale: quella di Trevi e le Quattro Fontane. L’importo dei sussidi forniti finora da Fendi si aggira sui 2,5 milioni di euro.
Nonostante questi importanti contributi al nostro patrimonio storico-artistico, la casa di moda ha ricevuto una valanga di critiche per aver «oltraggiato, dissacrato e sfruttato» a fini commerciali il monumento tardo-barocco.
Un episodio analogo si è verificato giusto la settimana precedente,  quando è stato celebrato al Colosseo il completato restauro della parte esterna. Per l’occasione, il monumento è rimasto chiuso al pubblico per circa due ore, prestandosi come location dei festeggiamenti organizzati dalla famiglia Della Valle, mecenate degli interventi di riparazione con una cifra pari a 25 milioni di euro. All’evento erano presenti anche il premier Matteo Renzi e il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. Anche in quel frangente sono fioccati duri commenti contro la scelta di «privatizzare» l’Anfiteatro Flavio, cuore pulsante di Roma, sebbene per sole due ore.
In controtendenza ritengo doveroso concedere un minimo di «spazio» a questi mecenati, la cui generosità è – fortunatamente – spesso in grado di fare le veci del MiBact in termini di finanziamenti culturali. Si lamenta da tempo una mancanza di pubblici fondi, però poi si fatica ad accettare quelli privati perché considerati un’operazione di marketing e pubblicità. E anche se così fosse? Senza dubbio è meglio una Fontana di Trevi splendente e un Colosseo maestoso con Fendi e Tod’s che vi organizzano eventi, piuttosto che vedere due gioielli del genere in condizioni rovinose. Non a caso la portata degli investimenti privati nel settore culturale ha subito un calo vertiginoso dall’inizio della crisi (2008): secondo il rapporto annuale di Federculture del 2015 si è ridotta del 45%. Un dato talmente allarmante che dovrebbe scoraggiare a prescindere qualsiasi tipo di critica conservatrice. In casi come questi, è essenziale trovare un compromesso tra ambo le necessità, pubblica e privata, facendo sì che norme e limiti siano sempre rispettati.