In Africa Sub-Sahariana si muore per cucinare, ma la situazione energetica migliorerà

Le principali analisi sullo sviluppo economico e sociale mondiale, da qualche tempo, guardano soprattutto alla parte Est del Mondo, ossia alla Cina e, più recentemente, all’India. C’è però un’altra parte di mondo che, nei prossimi anni, vedrà una crescita molto importante: parliamo dell’Africa Sub-Sahariana che, a differenza dei paesi del Nordafrica ed escludendo il Sud Africa, ha un livello di sviluppo molto inferiore e quindi moltissimi margini di crescita.

Il World Energy Outlook, documento annuale di analisi e previsioni della International Energy Agency (IEA), nel 2017 ha esaminato questo aspetto. Chiariamo innanzitutto che grado di sviluppo energetico di un’area geografica, da definizione IEA, è dato in primis dall’accesso all’elettricità e al «clean cooking», ovvero al fatto di poter cucinare senza produrre inquinamento domestico (dato dai combustibili quali legna, kerosene ecc.).

Partiamo da alcuni dati sul clean cooking. Questo parametro è molto importante anche ai fini sociali: ogni donna che cucina, subendo per prima l’inquinamento, utilizza 1,4 ore al giorno per recuperare il «combustibile», togliendo tempo alla propria formazione o al lavoro, oltre al tempo che impiega a cucinare. Il rapporto dice che nel mondo 2,8 miliardi di persone non hanno accesso al clean cooking, stabili rispetto al 2000, perché lo sviluppo di alcune aree è stato bilanciato dalla crescita di popolazione nei Paesi poveri, principalmente nelle zone rurali. Di questi, circa 1,9 vivono in Asia e 780 milioni nell’Africa Sub-Sahariana. Gli effetti sono ben visibili, con 2,8 milioni decessi da inquinamento domestico ogni anno. Notiamo subito una differenza tra i due continenti: la Cina ha ridotto la percentuale di cittadini che usano metodi inquinanti al 33% del totale, dal 52% dell’anno 2000. In Africa invece lo sviluppo tarda ad arrivare.

Per il 2030, secondo il «New Policy Scenario» si prevede che il numero totale scenda a 2,3 miliardi, con una decrescita imponente principalmente in Asia (Cina, India) e un numero di decessi in calo a 1,8 milioni. In Africa guidano lo sviluppo il Ghana e il Camerun, che hanno messo in atto dei piani nazionali per la distribuzione del GPL, fino a raggiungere il 50% della loro popolazione. In previsione per il 2030, con una crescita annua di popolazione del 2,5% e di un Pil pro capite del 1,9%, la zona Sub-Sahariana dovrebbe vedere circa 100 milioni di persone che guadagnano l’accesso al clean cooking.

Più interessanti i dati sull’energia elettrica, che tende chiaramente ad aumentare con lo sviluppo di un Paese. Per dare una panoramica generale, nel 2000 c’erano 1,7 miliardi di persone senza accesso, mentre al 2017 il numero era sceso a 1,1 miliardi, con più di metà (590 milioni) nell’Africa Sub-Sahariana. In un paragone con l’Oriente, basti pensare che l’India, dal 2000, è riuscita a fornire energia a 1 miliardo di suoi cittadini. L’Asia intera è passata da un tasso di elettrificazione dell’89%, dal 66% del 2000. In gran parte, per il 75%, il fabbisogno è coperto da fonti fossili.

In Africa si stanno attrezzando: con un tasso di elettrificazione pari al 43%  con 590 milioni di persone senza accesso all’elettricità,  alcuni stati stanno attuando diversi piani. È il caso del Sudan, che prevede di installare 1,1 milioni di impianti solari entro il 2030, e del Ghana che distribuirà lanterne solari a due milioni di cittadini entro la stessa data. Anche la Nigeria prevede di garantire il 100% di accesso all’energia tramite l’installazione di 13 Gigawatt di pannelli solari, non collegati alla rete elettrica nazionale. La potenza necessaria all’intera zona Sub-Sahariana aumenterà da 122 a 253 GigaWatt e, per quanto riguarda le fonti, la produzione da petrolio aumenterà da 100 a 150 Gtep (tep: tonnellata equivalente di petrolio) mentre le rinnovabili raddoppieranno la produzione, da 50 a 100 Gtep.

Per garantire elettricità a tutti gli abitanti del mondo entro il 2030, servirebbero 52 miliardi di investimenti all’anno. Per arrivare a questo obiettivo, le tecnologie attualmente in uso nei paesi sviluppati devono essere condivise per espandere il loro raggio di azione in altre zone del Mondo. Il Trattato di Parigi sull’ambiente, sottoscritto peraltro da tutti i paesi subsahariani, ha urgente bisogno di essere rispettato.