Intervista ad Andrea Scanzi: «È un governo di dilettanti?»

Andrea Scanzi scrive per il Fatto Quotidiano dal 2011, dopo aver collaborato con il Mucchio Selvaggio, il Manifesto, L’Espresso, Panorama e La Stampa. Giornalista, scrittore e attore teatrale con la sua penna sferzante ha sinora descritto con lucidità e ironia la politica italiana. Con il libro Salvimaio, si appresta a raccontare il nuovo governo.

 

 

Già come per il Renzusconi, anche nel caso di Salvimaio, ci troviamo davanti ad un’analisi arguta della politica italiana. Se dovesse fare un’analisi complessiva di questo governo fino ad ora quale sarebbe?

La mia analisi è che dopo il 4 marzo non ci poteva essere un governo diverso da questo, a meno che il PD non si fosse liberato di Renzi e ciò non è successo.
Al momento, quattro mesi dopo il giuramento, mi sembra che l’esecutivo Conte stia antipatico a tutta la stampa. Inoltre, mi sembra un governo che tiene insieme due forze che sono molto diverse tra loro su alcune cose e che alterna delle buone cose a delle castronerie notevoli. Tra le buone cose vi sono, per esempio, la riforma della giustizia di Bonafede, mentre tra le castronerie vi è la pace fiscale (che somiglia molto di più a un condono) e vi sono tutte le parole che dice il ministro Fontana.
In conclusione mi sembra un governo che, dopo quattro mesi, non è né il male assoluto, né il governo della salvezza.

 

Nel libro vengono evidenziate anche le innumerevoli contraddizioni che sembrano vedere il governo formato da due facce opposte di una stessa medaglia. Quanto potrebbe durare questo governo e che scenario potrebbe delinearsi in vista delle europee?

Vi sono molte divergenze e infatti nel libro parlo di governo Frankenstein, perché prima del 4 marzo Lega e 5 Stelle si sono fatti la guerra. Tuttavia, è anche vero che Di Maio aveva detto che se non avesse raggiunto il 40% avrebbe parlato con chiunque, tranne Berlusconi e vi avrebbe fatto il governo.
Quindi in realtà vi sono molte divergenze, ma anche molti punti di contatto. Dunque, sebbene Di Maio e Salvini siano un governo Frankenstein, su tante cose o la pensano allo stesso modo o comunque si sopportano a vicenda.
Dato che non esiste l’opposizione, se non da parte di Repubblica, dell’Espresso, dei social e a volte di Mattarella, questo governo può saltare solo se Salvini decide di staccare la spina, di smettere di stare con l’amante e di ritornare con la moglie vecchia e avvizzita, ovvero Berlusconi.
Ma vi sono dei problemi: nel frattempo Berlusconi è sempre più stanco politicamente, Forza Italia sta scendendo sempre di più nei sondaggi e la Meloni non può raggiungere più del 4%.
Quindi è vero che se Salvini volesse andare al voto dopo le europee prenderebbe molti più parlamentari, però non so se gli convenga passare da Di Maio, con cui va abbastanza d’accordo, a Berlusconi e alla Meloni, con cui dovrebbe formare un nuovo governo e potrebbe probabilmente fare meno cose di quante può farne adesso.

 

Parlando dell’opposizione, lei ha sottolineato più volte, anche nel programma Otto e Mezzo, come l’opposizione sembri assente e ben poco organizzata. Secondo lei da dove nasce la crisi della sinistra italiana e quale potrebbe essere la soluzione?

La crisi viene da lontano, da un momento storico in cui funzionano la destra, il sovranismo e il populismo. Quindi c’è un macro problema che riguarda l’Europa e tutto il mondo, poi però c’è un problema legato alla sinistra italiana.
Il M5S ha successo e ci troviamo questo governo perché dal ’94 la sinistra non ha  che deluso e per 24 anni non ha fatto quello che doveva, riuscendo a peggiorare di volta in volta.
A questa slavina inesorabile e devastante il colpo mortale lo ha inferto Renzi, che è stato una sorta di becchino della sinistra italiana e che, nel rottamare il partito, è stato purtroppo straordinario.
Quindi se si crede ancora in una forza di sinistra si devono elaborare le cause della sconfitta, si deve smettere di demonizzare a prescindere tutto ciò che fanno Salvini e Di Maio e si deve soprattutto individuare una classe dirigente totalmente nuova, che io non vedo.
Alla luce di questa situazione, non credo che il PD abbia un grande futuro, perché anche se si passasse da Renzi a Zingaretti, comunque le persone al suo interno sono le stesse e il PD è quasi tutto renziano: è un partito che sta antipatico a tutti e che infatti è passato dal 40% al 17% in quattro anni.
Quindi per tutti questi motivi la crisi della sinistra e del centrosinistra è una crisi a oggi devastante che richiederà tantissimi anni, una classe dirigente interamente nuova e probabilmente un vento che cambia su scala mondiale.

 

Avendo analizzato anche la figura di Renzi tramite Renzusconi, vi è una figura di questo governo vi assomiglia o che lo rispecchia anche solamente in parte? Vi è realmente un cambiamento ora?

Questo governo ha idee completamente differenti ed è figlio dei due leader che danno nome anche al mio libro, cioè Salvini e Di Maio, ma né uno né l’altro somiglia a Renzi.
È vero che ogni politico ha un aspetto populista: lo erano Berlusconi e Renzi e lo sono Di Maio e Salvini, però questo è un populismo molto diverso.
Per adesso, va a loro riconosciuto un merito, che può essere anche un demerito: stanno facendo al governo quello che avevano promesso e già solo questa cosa li rende diametralmente opposti a Renzi che, una volta al potere, ha fatto l’esatto l’opposto di ciò che aveva sbandierato in precedenza.
Il cambiamento c’è e se è positivo o negativo lo decideranno gli elettori, ma ci sono delle cose che non sono cambiate.
Un governo mette nei luoghi apicali del potere le proprie persone e questo lo sta facendo tanto la Lega quanto il M5s, con delle eccezioni nobili come, per esempio, il direttore generale della Rai Fabrizio Savini, che non ha niente né di leghista, né dei 5 Stelle.
Non c’è un grande cambiamento in alcune ricette, come per esempio la pace fiscale, però ci sono delle novità legate al linguaggio: questo è un governo che io non ricordo esserci mai stato in passato, che è un po’ maleducato e che va metaforicamente in guerra contro l’Europa anche se attaccato da Junker.
Il reddito di cittadinanza, la riforma della giustizia Bonafede, e il reddito di dignità sono un cambiamento rispetto a quello che c’era prima.
L’altro cambiamento e che rende tutto estremamente complicato, anche nell’analisi del Salvimaio, è che per la prima volta abbiamo un governo che contiene al suo interno tutto e il suo esatto contrario: è un governo che un giorno per esempio riceve l’applauso della Meloni sulla legittima difesa, ma il giorno dopo riceve l’applauso sperticato di Landini sul caso Ilva o sul Ddl Dignità.
Questo ci fa capire che questo governo può contenere degli aspetti di destra, ma dire che è solo un governo di destra non fa altro che rafforzare e allungare la crisi della sinistra, che finché non capirà cosa ha davanti, non potrà sconfiggere il nemico.

 

Riprendendo la domanda di copertina del libro, e viste le vicissitudini accadute ad esempio con il Def, pensa che questo governo sia formato alla fin fine da dilettanti?

Volutamente il sottotitolo ha un punto interrogativo finale, perché è troppo presto per dare una risposta. Non so se siamo dentro alla terza Repubblica, non credo che sia un governo fatto solo di dilettanti allo sbaraglio, ma ci sono anche quest’ultimi.
Io non credo che Conte sia un dilettante allo sbaraglio, perché secondo me è uno dei presidenti del consiglio più accettabili e più efficaci che abbiamo avuto dal secondo Prodi in poi.
Altri ministri, come ad esempio quello dell’ambiente Costa, Bonafede, o la Bongiorno non sono per niente dilettanti, tuttavia ci sono anche quelli, come ad esempio Toninelli.
La comunicazione stessa spesso non è così precisa e seria: penso ad alcune uscite di Rocco Casalino. Quindi, secondo me, dentro questo governo ci sono delle persone molto preparate e ci sono delle persone a cui non affiderei neanche una bicicletta usata.