La decadenza del genere rap

È notizia di questi giorni la probabile presenza del rapper Junior Cally al festival della musica italiana di Sanremo. Questa notizia ha fatto scaturire una polemica su vari livelli sull’opportunità di permettere questa presenza o meno, visti i testi violenti e talvolta irrispettosi nei confronti del genere femminile dell’artista.

Tuttavia, la questione deve essere considerata anche su altri fronti. Il vero tema è la decadenza di tipo culturale che la musica e in particolare la musica rap ha subito da un po’ di anni a questa parte. Non è una questione meramente di linguaggio, ma anche e soprattutto di argomenti. Questo genere ha perso ormai le sue connotazioni sia culturali sia tecniche originali, ciò che era considerata un’arte è diventata oggetto di consumo di massa. Dai temi della povertà, della politica, della giustizia sociale che rappresentavano i cardini di questo genere; siamo passati completamente al tema ridondante dell’ostentazione della ricchezza e del denaro. Siamo in presenza di una celebrazione dell’opulenza che risulta ancor più sgradevole, soprattutto per il fatto, di essere accompagnata da scarse abilità musicali e artistiche.

Fino a dieci anni fa, il genere si basava anche sulla capacità di quello che in gergo si chiama freestyler o MC, ovvero Maestro di Cerimonie, di esporre contenuti su vari argomenti, di improvvisare con l’ausilio di una base ritmata delle rime su un argomento, oggi tutto questo è passato in secondo piano. Se non si era in grado di fare ciò bisognava quantomeno essere all’altezza di esprimere dei testi molto significativi; pensiamo a Tupac Shakur che non si può dire che sia stato uno specialista del rap freestyle, ma che riguardo ai testi è considerato uno dei migliori del genere insieme ad artisti del calibro di Nas, Immortal Technique e Vinnie Paz. In Italia abbiamo artisti come Bassi Maestro, Inoki Ness e Mondo Marcio, i quali, nonostante il genere stia mutando, cercano di esprimere la stessa originalità senza modificare significativamente il loro stile. Scelte di questo tipo certamente portano a un’esposizione mediatica inferiore, in quanto l’obiettivo delle case discografiche non è principalmente quello di comunicare contenuti pieni di significato, ma quello di ottenere profitti ingenti e fette di mercato sempre più ampie.

Il raggiungimento della notorietà e del successo è diventato più importante del messaggio che si intende comunicare. Il rap, più di altri generi, oggi è diventato un oggetto di consumo di massa, un prodotto che deve essere venduto e che quindi che deve seguire le leggi e il linguaggio della società mercatistica. L’artista non compone più per esprimere una critica alla società dei consumi oppure per porre l’attenzione sulle disuguaglianze; bensì il contrario, si vuole esaltare la ricchezza e il denaro come status symbol. Coloro che provano a distaccarsi da questo modo di fare musica vengono oscurati dai media mainstream e dai festival della musica conosciuti. In tutto ciò si nota l’ipocrisia di fondo di un sistema mediatico che prima critica giustamente i contenuti, o meglio l’assenza di contenuti, di certi personaggi, ma che allo stesso tempo evita di dare visibilità e a chi propone temi diversi. Perché ovviamente a nessuno interessa dare visibilità chi tocca temi che mettono in dubbio il sistema di valori dominante su chi poggia la nostra società. Pensate a rapper statunitensi come Canibus e Immortal Technique, conosciuti agli appassionati del genere per i loro testi di denuncia sociale, completamenti oscurati dalla scena mediatica e musicale mainstream.

Un caso sorprendente è quello del duo dei Mobb Deep, che negli ultimi anni, prima della scomparsa a soli 43 anni di Prodigy, affetto da anemia falciforme, venne completamente dimenticato dai media. Soprattutto quest’ultimo, che intraprese una carriera indipendente negli ultimi anni della sua vita, pubblicando un album di denuncia al sistema politico ed economico americano. In Italia, abbiamo artisti come Inoki Ness e Mezzosangue a cui viene riservato più o meno lo stesso trattamento. Purtroppo, ciò ci dovrebbe far rendere conto di come l’arte della contemporaneità è diventata mero oggetto di consumo. Fortunatamente, però, ci sono le eccezioni, qualcosa che non solo non può sopravvivere all’artista, ma non può aspirare che a qualche giorno, mese, massimo anno di vita prima che venga dichiarata superata dalle esigenze del mercato.