La Voce che Stecca va a Casale Monferrato: il resoconto

eternit

La prima trasferta de La Voce che Stecca è stata a Casale Monferrato, cittadina in provincia di Alessandria diventata tristemente famosa per la vicenda dell’amianto dell’Eternit: migliaia di vittime destinate ad aumentare e un reato caduto ingiustamente in prescrizione. Ci siamo resi conto però che Casale, potrà sembrare banale a chi l’ha visitata, non è solo Eternit: una città con uno splendido centro storico e moltissime attrazioni anche turistiche. Prova di questo sono i tanti stranieri che ci alloggiano, nonostante il dannato «polverino». Con queste righe vorremmo innanzitutto ringraziare tutti coloro che si sono resi disponibili ad aiutarci nel nostro ambizioso progetto: il vicesindaco Cristina Fava, la presidentessa dell’Associazione Vittime e Familiari Amianto Romana Blasotti e la docente del liceo Balbo-Palli Adriana Canepa; poi è il turno degli «addetti alla ristorazione»: Fiorella in primis; e infine, ma non per importanza, anche a quelli che ci hanno aiutato facendoci vedere in prima persona cos’era Casale negli «anni d’oro» dell’industria dei cementi, impossibile non ringraziare in questo caso Francesco.
Sono consapevole che questo editoriale non è molto «giornalistico» e che magari qualche lettore storcerà il naso ma sarebbe ingiusto ignorare chi ci ha aiutato nonostante fossimo una realtà piccola e sconosciuta ai più.
Una domanda che mi è stata posta più volte in questi giorni è stata «perché lo fai?», in altre parole perché spendo dei soldi (pur non ricavandoci nulla) per andare a Casale e, soprattutto, cosa ci guadagno? La risposta al secondo interrogativo potrebbe essere banalmente riassunta con «Nulla» ma non sarebbe una risposta del tutto sincera: il giornalista deve, se possibile, vivere sulla propria pelle ciò di cui si sta occupando: deve avere compassione di chi sta vivendo un’ingiustizia. Compassione nel senso più antico del termine, ossia
cum-patire: devo, per così dire, «patire sulla mia pelle» quello che i casalesi stanno subendo da molti decenni per poter farlo capire al lettore. Devo essere una sorta di «tramite» fra il problema (e chi lo vive) e coloro che non hanno idea di cosa sta succedendo. È un lavoro lungo, molto costoso per le energie, il tempo e i soldi spesi, ma – ne sono certo – altrettanto utile. Non è certo tempo buttato via né si tratta di una vacanza: è un investimento per un lavoro fatto bene.
A chi mi diceva che parlare della vicenda dell’Eternit porta brutta pubblicità a Casale, rispondo: «Non posso che esserne d’accordo ma smetteremo di parlarne solo quando ci sarà giustizia».

Concludiamo invitando nuovamente i cittadini di Casale Monferrato a raccontarci la loro esperienza, anche in forma anonima, per quanto riguarda l’Eternit in città: dateci una mano a far sì che questa porcheria non cada nell’oblio e che un giorno si possa di nuovo dire «Casale Monferrato» pensando ad un bellissimo posto senza l’amianto a rovinare tutto.

Tito G. Borsa