Mariella Mazzetto: cosa un politico non deve fare

A quasi cinque secoli di distanza, il Libro del Cortegiano di Baldassarre Castiglione risulta più attuale che mai: «Ciascuno loda e vitupera secondo il suo piacere, sempre coprendo il vizio col nome della virtù prossima o la virtù col nome del vicino vizio: chiamando un presuntuoso libero, un ignorante buono». Possiamo allora definire «buona» la leghista Mariella Mazzetto, vicepresidente del consiglio comunale di Padova: la sua «bontà» è esplosa in tutta la sua genuinità durante il consiglio comunale del 30 giugno scorso, la trascrizione di parte di esso è stata già pubblicata su queste pagine. Mariella Mazzetto-2-1-1


Non vogliamo far perdere tempo al lettore con persone della grandezza morale e intellettuale della Mazzetto però riteniamo che il piccolo caso singolo sia da prendere come emblema di una situazione più grande venutasi a costituire parte integrante della politica intrapresa da certe forze politiche. La vicepresidente del consiglio comunale di Padova ha calpestato il 30 giugno ogni piccola rimanenza del pluralismo democratico: espressioni come «
È già tanto che ti ho fatto parlare!» oppure «Quelli che non votano la Pietrogrande (candidata leghista, ndr) fuori dall’aula!» sembrano appartenere a momenti storici che speravamo potessero definirsi morti e sepolti. Di più: «Consigliere imageFama, non si lasci sedurre dai comunisti!» pare uscire direttamente dal più becero e atavico berlusconismo, quando il comunismo fungeva ancora da spauracchio-attira-elettori. La Mazzetto fa davvero tanta tristezza, costretta ad alzare la voce e a buttarsi a piè pari nel calderone dell’ignoranza, e per questo non vogliamo infierire su una settantenne che da 18 anni (nonostante alcuni intervalli) vede ingrassare il proprio conto in banca a spese nostre. Ma, nonostante ogni impeto di pietà che può far nascere un tale soggetto, noi dobbiamo fare il nostro lavoro ed è questo che importa.
Mariella Mazzetto, invocando addirittura i vigili urbani per far sgombrare l’aula, si è fatta portavoce di un autoritarismo estraneo a ogni forma di democrazia; lamentarsi è un diritto, farlo in modo eclatante spesso è un dovere, e il destinatario delle lamentele ha il diritto di ribattere, in modo consono alla sua posizione. Troppe volte, soprattutto in questi tempi in cui l’amministrazione della cosa pubblica ha perso ogni stile e ogni decoro, vediamo politici che scavalcano ogni loro potere effettivo o dettato dal buon senso per raggiungere i propri obiettivi. Si è perduto lo spirito di competizione, la voglia di vincere secondo delle regole eque. E il risultato, si può dire senza cadere nella generalizzazione, è sotto gli occhi di tutti.