Quelli che… (Od)Dio lo Spread!

Il governo si sta confrontando per trovare la quadra sulla legge di bilancio ed ecco riapparire il mostro Spread. La legge di bilancio andrà mandata alla Commissione Europea e sicuramente non otterremo un trattamento privilegiato, dato che il deficit inserito dal precedente governo registrava un ricorso al deficit pattuito pari allo 0,8%. Incredibile.

La defenestrazione da spread la vivemmo già nel 2011, quindi come popolo abbiamo incamerato degli anticorpi rispetto alla propaganda di questi giorni, ma un ripassino non fa mai male.

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Le risposte utili sono dentro questo grafico. In data 9 novembre 2011 lo spread era 552 punti tra il rendimento del decennale italiano e quello tedesco e, esattamente una settimana dopo, il governo rassegnò le dimissioni, venendo sostituito dall’esecutivo tecnico Monti. Le politiche d’austerità applicate portarono a uno schiacciamento della domanda interna italiana, in maniera tale da ripianare il deficit commerciale, allora di 50 miliardi, facendoci andare il surplus, aspetto che ancora oggi conserviamo. In questo lasso di tempo, si approvarono il pareggio di bilancio in Costituzione, la riforma Fornero, un decreto privatizzazioni, una riforma del mercato del lavoro e di razionalizzazione della spesa pubblica.

Tuttavia, come si nota dal grafico, lo spread s’impennò ancora a luglio, rendendo vano il collegamento tra politiche di tagli del governo e andamento migliore dello spread. A luglio si toccò quota 537, quota vicinissima al periodo della defenestrazione di Berlusconi. Ma…

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Intervenne dalla BCE Mario Draghi, calmando i mercati, e affermando l’ormai famoso «WHATEVER IT TAKES». Imparammo benissimo la lezione, in quanto lo spread scese, perché gli investitori poterono comprare con fiducia titoli degli Stati sovrani alle aste del Tesoro, sapendo che sarebbe intervenuta la BCE ad acquistare nel mercato secondario i titoli a chi li avesse voluti vendere.

Da questo atto, possiamo ricavare che lo spread si possa controllare mediante il ruolo di garante della banca centrale. Questo è il fulcro del problema, che si sta ripresentando ora che il programma di acquisto titoli della BCE si è attenuato ed è in procinto di terminare.

Negli ultimi giorni, è ripresa la favoletta che vorrebbe il tasso d’interesse sui mutui collegato all’andamento dello spread,ma questa è una bufala. Nessun mutuo ha come indice di riferimento l’andamento dello spread. Prima di tutto, se il mutuo è a tasso fisso, esso continuerà nel suo tasso prefissato, mentre se esso è a tasso variabile, l’indice da controllare è l’Euribor, ovvero una media dei tassi a livello europeo. Possiamo controllare se questa media risenta dell’innalzamento dello spread, facendo un confronto tra 2017 e 2018.

Il riscontro è ovviamente negativo!

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Non sappiamo se arriverà o meno la tempesta finanziaria sul debito pubblico italiano, ma conosciamo le diverse condizioni tra il 2011 e il 2018. Nel 2011 avevamo un deficit commerciale di 25 miliardi, mentre oggi un surplus di 50 miliardi, aspetto che mostra solidità. Inoltre, abbiamo stretto un forte legame geopolitico con Trump, che ha invitato a investire in Italia, e c’è forte consenso popolare. La banca d’affari Morgan Stanley ha invitato a investire in Italia e lo spread è sceso da 290 a 250 punti. Ci sarà la manina di Trump?