Ranieri Guerra e il pasticcio del piano pandemico

Risale a quasi un anno fa l’inchiesta della trasmissione Report che diede l’avvio alla vicenda che ruota attorno a Ranieri Guerra e al mancato aggiornamento del piano pandemico antinfluenzale italiano, fermo alla scrittura del 2006 quando COVID-19 irruppe nello stivale. O meglio, ripubblicato identico di quando in quando fino alla riscrittura presentata a inizio 2021.

Tuttavia, tale fatto non sembra aprire ipotesi di reato, a differenza delle false dichiarazioni al PM che, secondo la procura di Bergamo, il medico avrebbe fornito durante l’interrogatorio dello scorso 5 novembre.

Nel corso dell’audizione Guerra ha infatti dichiarato che il piano incriminato non necessitasse di revisione in quanto tra il 2006 e il 2020 non vi erano state variazioni significative né del quadro epidemiologico mondiale né delle linee guida degli organismi internazionali. Il che sarebbe plausibile soltanto escludendo l’influenza suina (2009), la MERS (2012), le indicazioni in materia di Parlamento europeo e OMS nel 2013, l’aggiornamento delle seconde nel 2017 e le ulteriori linee guida proclamate dalla Commissione UE nel 2019.

In ogni caso, come dichiarato dal Ministro Speranza nella sua audizione, tale piano riguardava l’influenza e non era applicabile a COVID-19, per cui a inizio marzo era stata approvata una risposta specifica, con inevitabili ricadute sulla copiosa conta dei morti della prima ondata dovute al ritardo organizzativo. A sentire Guerra, il piano anti COVID-19 gli era ignoto fino all’accesso agli atti della procura, nonostante fosse stato approvato dal comitato tecnico-scientifico di cui faceva parte e nonostante Report, nello sviluppo dell’inchiesta giornalistica sulla questione, lo avesse scoperto e presentato allo stesso Guerra in diretta nazionale.

Il medico, già responsabile della prevenzione presso il Ministero della Salute tra il 2013 e il 2017, competente proprio nei piani pandemici, è anche l’italiano più in vista nell’organigramma dell’OMS, dove occupa il posto di direttore vicario, ed è stato membro del comitato tecnico-scientifico fino alla riorganizzazione operata da Draghi. Proprio tale prestigio e tali agganci portano alla seconda vicenda per cui Guerra è sotto indagine, sempre per falsa testimonianza.

Si tratta della cancellazione del rapporto Zambon, ufficialmente chiamato An unprecedented challenge: Italy’s first response to COVID-19, presentato il 12 maggio 2020 dalla sezione di Venezia dell’OMS e fatto sparire dalla circolazione in poche ore. La relazione, di particolare importanza per fornire dati sulla prima risposta a Paesi non ancora travolti dalla pandemia, non stroncava completamente l’Italia, ma sottolineava il carattere caotico e improvvisato della gestione della prima ondata, evidenziando le conseguenze della mancanza di un piano organico.

Il primo firmatario dottor Zambon, che nel frattempo ha lasciato l’OMS, già ai giornalisti di Report aveva fatto intendere che il ritiro del rapporto era stato deciso in seguito a pressioni politiche di Guerra sul quartier generale di Ginevra. Il medico ha dichiarato agli inquirenti di non avere né la competenza né l’autorità per far ritirare una pubblicazione, affermando inoltre che il diretto superiore di Zambon non l’avesse approvata. Tuttavia, da una chat tra il direttore vicario dell’OMS e il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro è emersa tutt’altra verità.

Nel corso della conversazione, infatti, Guerra ha dichiarato apertamente di aver fatto eliminare il rapporto, chiamando scemi e somarelli i suoi autori, nonché di sperare che cadessero alcune incorreggibili teste. Inoltre, nei giorni successivi è tornato sull’argomento, chiedendo a Brusaferro il via libera per sottoporre al Ministero della Salute una rettifica, leggasi abbellimento, del rapporto Zambon. L’iniziativa non ha avuto sviluppi, ma risulta indicativa sull’effettivo grado d’indipendenza dell’OMS rispetto ai governi nazionali.

Insomma, più si scava nelle due vicende e più emergono incongruenze atte a difendere la reputazione politica di Ministero della Salute, OMS e soprattutto dello stesso Guerra. Poco importa se l’errore iniziale è costato migliaia di vite, basta che non emerga, o che, adesso che è emerso, non lo si associ ai responsabili.

Chissà se gli altri indagati dell’inchiesta, i dirigenti della sanità lombarda che paralizzarono l’ospedale di Alzano con ordini contraddittori, la pensano allo stesso modo, ma, soprattutto, chissà quanto stanno bramando l’immunità diplomatica dietro cui Ranieri Guerra e gli altri membri dell’OMS potranno schermarsi per far cadere almeno la seconda vicenda nel vuoto.