Roma e Milano: caos Raggi e silenzio su Sala

Non è certo un momento idilliaco per il Movimento 5 Stelle che a 6 mesi dalla conquista della Capitale vive una fase assai convulsa e intricata, forse la più difficile del suo intero excursus. Nella giornata di giovedì scorso viene infatti arrestato Raffaele Marra, capo del dipartimento del personale del Campidoglio e fedele collaboratore della sindaca Virginia Raggi, accusato di aver ricevuto una maxitangente di 367mila euro dall’amico immobiliarista Sergio Scarpellini (anch’egli arrestato). Il reato contestato dalla procura di Roma risale al giugno 2013, quando Marra acquista l’appartamento Enasarco intestato alla moglie attraverso assegni circolari ricevuti proprio dall’amico imprenditore Scarpellini. Sebbene, dunque, la presunta attività illecita risalga a una fase antecedente all’amministrazione Raggi (che non risulta indagata), ciò non scagiona la sindaca dalle sue responsabilità, quantomeno politiche. Già da tempo, difatti, diversi parlamentari del M5S, in primis le romane Paola Taverna, Carla Ruocco e Roberta Lombardi, in rotta di collisione con la sindaca, avevano messo in evidenza le mosse opache di Marra (sin da quando era direttore del Patrimonio e della Casa con la giunta Alemanno con diversi rapporti anche con Fabrizio Amore, imputato in Mafia Capitale). Addirittura fu la stessa collega di partito Lombardi, che lo scorso novembre denunciò Marra alla procura di Roma sui possibili episodi illeciti della gestione delle emergenze abitative tanto da definirlo «il virus che sta infettando il movimento». E dopo l’esplosione del «caso Marra», in effetti, il virus all’interno del movimento sembra propagarsi pericolosamente dalla base fino ai vertici, tanto che lo stesso Grillo, ha intimato alla sindaca di rimediare al più presto per chiudere il prima possibile questa brutta parentesi.
Virginia Raggi, dal canto suo, dopo aver difeso fino allo strenuo il suo fedele collaboratore, ora ha fatto ammenda degli errori commessi per una eccessiva fiducia riposta in Marra e ha dovuto rinunciare anche a Salvatore Romeo, suo capo dell’ufficio di segreteria finito nei mesi scorsi al centro delle polemiche per la nomina ricevuta (che gli è valsa un aumento dello stipendio del 300%), e al vicesindaco Daniele Frongia, relegato all’assessorato allo sport.
Ora bisognerà capire se la sindaca riuscirà a venire a capo di questa situazione fin troppo compromessa, lanciando un vero segno di svolta e discontinuità. Contemporaneamente, invece, e al di là del chiassoso dibattito romano, nel silenzio generale dei media, si scopre che nella capitale lombarda, il sindaco Beppe Sala è stato iscritto nel registro degli indagati nel fascicolo sui lavori sull’Expo, quando allora ricopriva il ruolo di amministratore delegato. L’inchiesta per corruzione e turbativa d’asta riguarda in particolare gli appalti sulla Piastra di Expo, l’infrastruttura più costosa realizzata nel sito Rho Pero della Mantovani, la quale impresa si è aggiudicata l’appalto con un ribasso del 42% su una base d’asta di 272 milioni, che però, secondo  il sostituto procuratore generale Felice Isnardi, sarebbero «non idonei neppure a coprire i costi». Di qui furono fatte una serie di operazioni e trattative al rialzo da parte del committente dettate dall’emergenza di portare a tutti i costi a compimento i lavori attesi per il 1 maggio 2015.
Anomalie e irregolarità che sarebbero state perpetrate anche durante la fase esecutiva dei lavori (tra cui l’affidamento diretto alla stessa Mantovani della fornitura di 6mila alberi «per un importo di 4,3 milioni di euro a fronte di un costo per l’impresa di 1,6 milioni»). Insomma, una serie di operazioni che se fossero confermate, metterebbero in dubbio la buona gestione del «super-manager» Sala ora sindaco di Milano (nel frattempo autosospeso, ma già pronto a rientrare in gioco) persino come semplice amministratore di condominio. In definitiva, mentre nel caso romano, si è tutti all’unisono (media, commentatori e opinionisti di turno) schierati contro la gestione Raggi per una serie di scelte politiche sicuramente opinabili, nel caso milanese pare si cerchi in tutti i modi, invece, di nascondere la polvere sotto il tappeto su una vicenda certo non meno scottante.

Ivan Piedepalumbo